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Tracce di Peccato
Blake Pierce


Un Thriller di Keri Locke #3
Una trama dinamica che ti prende dal primo capitolo per non lasciarti più andare. Midwest Book Review, Diane Donovan (a proposito di Il killer della rosa) Dall’autore numero uno di thriller best-seller Blake Pierce, è in arrivo un nuovo capolavoro di suspense psicologica. In TRACCE DI PECCATO (Libro #3 della serie thriller di Keri Locke) Keri Locke, detective dell’unità Persone scomparse della Omicidi del dipartimento di polizia di Los Angeles, segue una pista nuova per ritrovato la figlia che le è stata rapita – pista che la condurrà a un violento scontro con il Collezionista, che le offre altri indizi che potrebbero, dopo tutto quel tempo, riunirla con sua figlia. Allo stesso tempo, però, a Keri viene assegnato un nuovo caso – e i tempi per risolverlo sono strettissimi. A Los Angeles è scomparsa una giovane ragazza di buona famiglia che è stata trascinata nel mondo della droga e del traffico sessuale. Keri segue rapida le tracce dei malviventi – ma queste tracce si muovono veloci, e la ragazza viene spostata continuamente, così come l’obiettivo nefasto dei suoi rapitori: farla uscire dagli Stati Uniti attraverso il confine col Messico. In un’epica caccia del gatto col topo che li lascerà senza fiato e che li accompagnerà negli squallidi meandri della malavita, Keri e Ray verranno spinti fino ai loro limiti per salvare la ragazza – e la figlia di Keri – prima che sia troppo tardi. Thriller dark e psicologico dalla suspense formidabile, TRACCE DI PECCATO è il libro #3 di una nuova serie mozzafiato – e di un fantastico nuovo personaggio – che vi farà girare una pagina dopo l’altra fino a tarda notte. Un capolavoro del genere thriller e giallo! L’autore ha sviluppato e descritto così bene il lato psicologico dei personaggi che sembra di trovarsi dentro le loro menti, per seguire le loro paure e gioire dei loro successi. La trama è intelligente e appassiona per il tutto il libro. Pieno di colpi di scena, questo romanzo vi terrà svegli anche la notte, finché non avrete girato l’ultima pagina. Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (a proposito di Il killer della rosa) Il libro #4 della serie di Keri Locke sarà presto disponibile.







T R A C C E D I P E C C A T O



(UN THRILLER DI KERI LOCKE — LIBRO 3)



B L A K E P I E R C E


Blake Pierce



Blake Pierce è l’autore della serie thriller best-seller di RILEY PAGE, che include nove libri (più altri in arrivo). Blake Pierce è anche l’autore dei gialli di MACKENZIE WHITE in sei libri (più altri in arrivo); della serie gialla di AVERY BLACK, che comprende quattro libri (più altri in arrivo); e della serie thriller di KERI LOCKE, che conta quattro libri (più altri in attivo).

Avido lettore e fan di gialli e thriller da una vita, Blake vorrebbe sapere cosa ne pensi delle sue opere, quindi visita il suo sito internet www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com) per saperne di piГ№ e rimanere aggiornato su tutte le novitГ .



Copyright © 2017 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con altre persone, è pregato di acquistarne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato o non è stato acquisto per suo solo uso e consumo, è pregato di restituirlo e comprarne una copia per sé. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright Rommel Canlas, usata su licenzia concessa da Shutterstock.com.


I LIBRI DI BLAKE PIERCE



I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)



I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)



I MISTERI DI AVERY BLACK

IL KILLER DI COLLEGIALI (Libro #1)

CORSA CONTRO IL TEMPO (Libro #2)

FUOCO A BOSTON (Libro #3)



I GIALLI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)


INDICE



PROLOGO (#uc18ceb57-4c0f-5734-8b5d-2b07e8f06166)

CAPITOLO UNO (#ue214abde-b333-5e91-8246-187f10b46178)

CAPITOLO DUE (#uf17668b4-354e-5a74-b7c9-178d629aba08)

CAPITOLO TRE (#uca9c53f4-f519-5d23-9e04-22f8a6f31ece)

CAPITOLO QUATTRO (#u8db5a3f7-4606-5e28-85d4-f4f3d647cee6)

CAPITOLO CINQUE (#ue20f6932-9a69-5bbd-a8d3-e0a463751ade)

CAPITOLO SEI (#u38f8d1ce-a4ef-5382-9f8a-8e54c9ca956f)

CAPITOLO SETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo)




PROLOGO


Anche se aveva solo sedici anni, Sarah Caldwell aveva la testa sulle spalle e uno spiccato sesto senso che le diceva quando le cose non quadravano. E qui le cose non quadravano.

Quasi non c’era andata. Ma quando Lanie Joseph, la sua migliore amica dalle scuole elementari, l’aveva chiamata per chiederle di andare al centro commerciale quel pomeriggio, non era riuscita a trovare una ragione convincente per non farlo.

Però, fin dal momento in cui si erano incontrate, Lanie sembrava nervosa. Sarah non capiva che cosa nel vagabondare per il Fox Hills Mall potesse mettere così tanta ansia. Notò che mentre si provavano delle collane da Claire, Lanie aveva le mani che tremavano mentre cercava di allacciare la chiusura.

La verità era che Sarah ormai non sapeva più che cosa rendesse nervosa Lanie. Erano state incredibilmente vicine per tutti gli anni delle elementari. Ma quando poi la famiglia di Sarah si era trasferita da Culver City, nella zona sud, al quartiere di Westchester, proletario come l’altro ma meno pericoloso, si erano lentamente allontanate. Le comunità si trovavano a solo qualche miglio di distanza. Ma senza auto, che nessuna delle due ragazzine aveva, né un serio impegno a tenersi in contatto, si erano perse di vista.

Mentre provavano dei trucchi da Nordstrom, Sarah lanciava delle occhiate di sfuggita a Lanie nello specchio. I capelli biondo chiaro dell’amica erano striati di blu e rosa. Si era già messa così tanto trucco sugli occhi che non c’era proprio ragione di provarne ancora al bancone. La pelle chiara era resa ancora più pallida dai tatuaggi, dalla canotta nera e dai pantaloncini cortissimi che indossava. Sarah non poté fare a meno di notare che all’intenzionale body art erano mischiati degli ematomi.

Tornò a rivolgere lo sguardo al suo riflesso, e rimase sconvolta dal contrasto. Sapeva di essere carina anche lei, ma in modo più smorzato, quasi ponderato. I capelli castani lunghi fino alle spalle era legati in una coda. Il trucco era discreto – le ravvivava gli occhi nocciola e le lunghe ciglia. La pelle olivastra era priva di tatuaggi e indossava jeans sbiaditi e un top color foglia di tè carino ma per nulla osé.

Si domandГІ se restando nel vecchio quartiere non avrebbe finito col somigliare a Lanie, oggi. Quasi sicuramente no. I suoi genitori non le avrebbero mai permesso di prendere quella strada.

Se Lanie si fosse trasferita a Westchester, somiglierebbe ancora a una giovane prostituta che batte alla stazione di servizio?

Sarah sentì il viso farsi rosso mentre scacciava il pensiero di mente. Che razza di persona era a pensare cose così orribili su qualcuno con cui da bambina aveva giocato con le Barbie? Distolse lo sguardo, sperando che Lanie non si accorgesse del senso di colpa che di sicuro aveva scritto in faccia.

“Andiamo alla zona ristorante a mangiare qualcosa,” disse Sarah cercando di cambiare le dinamiche. Lanie annuì e si incamminarono, lasciandosi alle spalle la delusa commessa.

Sedute al tavolo masticando pretzel, Sarah decise finalmente di scoprire che cosa stesse accadendo.

“Be’, sai che adoro vederti, Lanie. Ma sembravi agitatissima quando mi hai chiamata e sembri così a disagio… c’è qualcosa che non va?”

“No. Va tutto bene. Solo che… il mio ragazzo passerà a salutarmi e credo di essere un po’ nervosa perché lo vedrai. È un po’ più grande di noi e stiamo insieme solo da poche settimane. Ho paura di perderlo e ho pensato che tu potresti parlare un po’ bene di me, ho pensato che se mi vedesse con la mia vecchia amica potrebbe vedermi in modo diverso.”

“Adesso com’è che ti vede?” chiese Sarah preoccupata.

Prima che Lanie potesse rispondere, si avvicinò al loro tavolo un ragazzo. Ancor prima delle presentazioni, Sarah capì che doveva essere lui.

Era alto e magrissimo, con jeans aderenti e una t-shirt nera che gli faceva risaltare la pelle pallida e i molti tatuaggi. Sarah notГІ che lui e Lanie avevano lo stesso piccolo teschio con le ossa incrociate tatuato sul posto sinistro.

Con i suoi lunghi, neri capelli a punta e gli scuri occhi penetranti, piГ№ che bello era bellissimo. A Sarah ricordava i front man di quelle band hair metal degli anni Ottanta per le quali sua madre andava in estasi, che si chiamavano cose come Skid Row o Motley Row o qualcosa Row. AvrГ  avuto ventun anni.

“Ehi, dolcezza,” disse con nonchalance, e si sporse per dare a Lanie un bacio incredibilmente appassionato, almeno per il ristorante di un centro commerciale. “Gliel’hai detto?”

“Ancora non ne ho avuto la possibilità,” disse Lanie timidamente, prima di rivolgersi a Sarah. “Sarah Caldwell, lui è il mio ragazzo, Dean Chisolm. Dean, lei è la mia più vecchia amica al mondo, Sarah.”

“Piacere di conoscerti,” disse Sarah con cortesia.

“Il piacere è tutto mio,” disse Dean prendendole la mano con un profondo inchino scherzosamente esagerato. “Lanie parla sempre di te, di come vorrebbe che poteste vedervi di più. Perciò sono contentissimo che oggi siate riuscite a vedervi.”

“Anch’io,” disse Sarah, colpita dall’inaspettato fascino del ragazzo, ma comunque sospettosa. “Che cos’è che non ha avuto la possibilità di dirmi?”

Il viso di Dean si illuminГІ tutto di un sorriso sereno che sembrava fatto per dissolvere i suoi sospetti.

“Ah, già,” disse. “Questo pomeriggio vengono da me degli amici e pensavamo che sarebbe divertente che venissi anche tu. Alcuni suonano in dei gruppi. Uno è in cerca di un nuovo cantante. Laine pensava che conoscerli potrebbe farti piacere. Dice che canti davvero molto bene.”

Sarah guardГІ Lanie, che le sorrise ma senza dire niente.

“È così?” le chiese Sarah.

“Potrebbe essere divertente provare qualcosa di nuovo,” disse Lanie con nonchalance, ma Sarah riconobbe lo sguardo nei suoi occhi, che la implorava di non dire nulla che la mettesse in imbarazzo davanti al suo nuovo, sexy ragazzo.

“Dove?” chiese Sarah.

“Dalle parti di Hollywood,” disse lui con gli occhi che brillavano dall’entusiasmo. “Andiamo. Sarà divertente.”



*



Sarah sedeva sul sedile posteriore della vecchia Trans-Am di Dean. Il relitto era ben conservato all’esterno, ma gli interni erano disseminati di mozziconi di sigarette e incarti arrotolati di McDonald. Dean e Lanie sedevano davanti. Con la musica alta, era impossibile conversare. Superarono Hollywood in direzione di Little Armenia.

Sarah guardò l’amica sul sedile davanti e si chiese se la stesse davvero aiutando, andando alla festa. I pensieri le tornarono al bagno del centro commerciale, dove, prima di andarsene, Lanie alla fine le aveva parlato apertamente.

“Dean è superpassionale,” aveva detto mentre si controllavano il trucco per l’ultima volta allo specchio del bagno. “E sono preoccupata che se non tengo il passo lo perderò. Cioè, è così sexy. Potrebbe avere tonnellate di ragazze. E non mi tratta come una ragazzina. Mi tratta come una donna.”

“È per questo che hai quegli ematomi, perché ti tratta come una donna?”

Cercò di cogliere lo sguardo di Lanie allo specchio ma l’amica si rifiutava di guardarla direttamente.

“Era solo nervoso,” disse. “Ha detto che mi vergognavo di lui e che era per questo che non gli presentavo nessuna delle mie rispettabili amiche. Ma la verità è che di amiche così non ne ho più. È stato in quel momento che ho pensato a te. Ho pensato che se voi due vi incontravate, avrei vinto due volte. Lui avrebbe capito che non lo tenevo nascosto e tu mi avresti fatto fare bella figura perché ho almeno un’amica, sai, con un futuro.”

Presero una buca e i pensieri di Sarah vennero riportati bruscamente al presente. Dean stava entrando in un parcheggio parallelo a una squallida strada con una fila di casette, tutte con le sbarre alle finestre.

Sarah prese il telefonino e cercГІ per la terza volta di inviare un messaggio a sua madre. PerГІ ancora non aveva ricezione. Era strano perchГ© non ГЁ che si trovassero in aperta campagna; si trovavano nel cuore di Los Angeles.

Dean parcheggiò e Sarah rimise il cellulare nella borsa. Se la ricezione era pessima anche in casa, avrebbe usato il telefono fisso. Dopotutto sua madre era sì piuttosto comprensiva, ma sparire per ore senza farle la cortesia di chiamarla andava decisamente contro le regole di famiglia.

Risalendo il viale, Sarah sentiva giГ  i colpi sordi della musica. Un fremito di incertezza le percorse il corpo, ma lo ignorГІ.

Dean bussГІ forte alla porta principale e aspettГІ che qualcuno dentro aprisse quelle che sembravano serrature e chiavistelli vari.

Alla fine la porta si aprì appena per rivelare un ragazzo dal viso coperto da una massa di lunghi capelli spettinati. Il forte odore di erba impregnò l’aria e colpì Sarah in modo così inaspettato che prese a tossire. Il ragazzo vide Dean e gli diede un pugno amichevole, poi aprì la porta del tutto per farli entrare.

Lanie avanzò e Sarah le rimase alle spalle, vicinissima. A bloccare l’ingresso dal resto della casa c’era una grande tenda di velluto rosso, come quella di uno scadente numero di magia. Mentre il ragazzo dai capelli lunghi richiudeva la porta dietro di loro, Dean scostò la tenda e le portò nel soggiorno.

Sarah rimase scioccata da ciò che vide. La stanza era piena di divani, amorini e pouf. Su ognuno c’erano delle coppie che limonavano, e in alcuni casi che facevano di più. Tutte le ragazze sembravano avere l’età di Sarah, e la maggior parte sembrava fatta. Alcune sembravano anche svenute, il che non fermava i ragazzi, i quali sembravano tutti più vecchi, dal fare ciò che volevano. La vaga inquietudine che aveva provato avvicinandosi alla casa tornò, però molto più forte adesso.

Non ci voglio stare in questo posto.

L’aria era densa di erba e di qualcosa di più dolce e più forte che Sarah non riconosceva. Quasi a farlo apposta, Dean porse a Lanie uno spinello. Lei fece un gran tiro prima di passarlo a Sarah, che rifiutò. Decise che ne aveva abbastanza di quel posto, che sembrava il set di un vecchio film porno.

Prese il telefono per chiamare un Uber ma scoprì che ancora non c’era ricezione.

“Dean,” urlò per sovrastare la musica, “Devo chiamare mia madre per farle sapere che farò tardi ma non prende. Hai un telefono fisso?”

“Certo. È in camera mia. Ti faccio strada,” si offrì lui, ancora una volta mostrando quel sorriso caldo e aperto prima di rivolgersi a Lanie. “Dolcezza, mi prenderesti una birra in cucina? È da quella parte.”

Lanie annuì e puntò nella direzione che lui le aveva indicato, e Dean fece cenno a Sarah di seguirlo lungo un corridoio. Non sapeva neanche lei perché avesse mentito su chi dovesse chiamare. Ma qualcosa della situazione le faceva pensare che non sarebbe stato un bene dire che voleva filarsela.

Dean aprì la porta alla fine del corridoio e si fece da parte per lasciarla passare. Lei si guardò intorno ma non vide nessun telefono.

“Dov’è il fisso?” chiese, voltandosi verso Dean mentre udiva chiudersi la porta. Vide che aveva già girato la serratura e che stava attaccando la catena accanto alla cima della porta della camera.

“Scusa,” disse stringendosi nelle spalle, ma con un tono per nulla dispiaciuto. “Devo averlo spostato in cucina. Credo di essermene dimenticato.”

Sarah valutò quanto aggressiva dovesse essere. C’era qualcosa di sbagliatissimo, nella situazione. Era chiusa a chiave in una camera da letto di quello che sembrava un bordello in una zona squallida di Little Armenia. Non sapeva quanto sarebbe stato efficace sfidarlo, viste le circostanze.

Sii dolce. Fa’ la scema. Cerca di andartene.

“Okay,” disse con fare allegro, “allora andiamo in cucina.”

Mentre parlava udì lo sciacquone del bagno. Si voltò e vide la porta del bagno aperta su un enorme ispanico che indossava una t-shirt bianca sollevata su una gigantesca pancia pelosa. Aveva la testa rasata e la barba lunga. Dietro di lui, sul pavimento di linoleum, era stesa una ragazza che non poteva avere più di quattordici anni. Aveva su solo le mutandine e sembrava svenuta.

Sarah sentì stringersi il petto e respirare si fece difficile. Cercò di nascondere il panico crescente che provava.

“Sarah, lui è Chiqy,” disse Dean.

“Ciao, Chiqy,” disse, sforzandosi di tenere la voce calma. “Mi dispiace ma devo lasciarvi subito, vado in cucina a fare una telefonata. Dean, potresti aprirmi la porta?”

Decise che invece di cercare di trovare la cucina, dove dubitava ci fosse un telefono comunque, avrebbe puntato dritta all’uscita. Una volta fuori, avrebbe fatto l’autostop. Poi avrebbe chiamato il 911 per chiedere aiuto per Lanie.

“Lascia che ti dia un’occhiata migliore,” ordinò Chiqy con voce roca, ignorando quel che lei aveva detto. Sarah si voltò e vide che il grosso uomo la squadrava. Dopo un istante, si leccò le labbra. A Sarah venne da vomitare.

“Che ne pensi?” gli chiese Dean con impazienza.

“Credo che le mettiamo un prendisole con le codine e ne tiriamo fuori un buon reddito.”

“Adesso vado,” disse Sarah, e si precipitò alla porta. Con sua sorpresa, Dean si fece da parte, con aria divertita.

“Hai usato il jammer in modo che non potesse usare il telefono?” udì dire da Chiqy alle sue spalle.

“Sì,” rispose Dean. “L’ho guardata bene. Ci ha provato un sacco ma sembra non aver mai avuto ricezione. Vero, Sarah?”

Lei armeggiava con la catena della serratura, e l’aveva quasi aperta quando una grossa ombra le bloccò improvvisamente la luce. Fece per girarsi ma prima di riuscirci sentì una botta alla nuca e poi tutto diventò nero.




CAPITOLO UNO


La detective Keri Locke aveva il cuore che andava a mille. Anche se si trovava nel mezzo dell’enorme stazione di polizia, non prestava attenzione a nulla di ciò che la circondava. Riusciva a malapena a pensare razionalmente mentre fissava l’email sul telefonino, rifiutandosi di credere che fosse vera.



disponibile a incontrarti se segui le regole. mi farГІ sentire presto.



Le parole erano semplici ma il significato era colossale.

L’aveva aspettato per sei lunghe settimane, sperando contro ogni speranza che l’uomo che sospettava le avesse rapito la figlia cinque anni prima si mettesse in contatto con lei. E adesso l’aveva fatto.

Keri allontanò il telefono sulla scrivania e chiuse gli occhi, cercando di rimanere composta mentre tentava di cogliere appieno la situazione. Quando per la prima volta aveva scoperto il contatto dell’uomo conosciuto solo come il Collezionista, aveva organizzato un incontro. Ma lui non si era fatto vedere.

Gli aveva scritto per scoprire cosa fosse accaduto. Lui aveva detto che lei non aveva seguito le regole, ma aveva accennato che magari in futuro si sarebbe fatto risentire. Ci erano volute tutta la disciplina e la pazienza del mondo per non cercare di contattarlo di nuovo. Voleva farlo disperatamente, ma temeva che se ci fosse andata troppo pesante lui l’avrebbe presa male e avrebbe eliminato completamente l’indirizzo email, lasciandola senza modo di trovarlo – o di trovare Evie.

E ora, dopo le angoscianti settimane di silenzio, finalmente si era rimesso in contatto con lei. Certo, lui non lo sapeva che stava comunicando con la madre di Evie, e nemmeno che era una donna. Tutto ciГІ che sapeva lui era che si trattava di un potenziale cliente con cui stava discutendo di un lavoro di rapimento.

Questa volta Keri avrebbe preparato un piano migliore. L’ultima volta aveva avuto meno di un’ora per arrivare al luogo scelto da lui. Aveva cercato di mandare qualcun altro al posto suo per controllare la situazione da lontano. Ma lui comunque lo sapeva che il ragazzo che lei gli aveva mandato non era il suo cliente, e non si era fatto vedere. Keri non poteva permettere che accadesse ancora.

Resta calma. Sei arrivata fin qui e sta funzionando. Non rovinare tutto agendo d’impulso. Adesso non c’è niente che tu possa fare, comunque. Tocca a lui. Rispondigli con semplicità e aspetta che si faccia risentire.

Keri digitГІ una sola parola:



okay



Poi mise il telefono in borsa e si alzò dalla scrivania, troppo nervosa e agitata per restarsene seduta. Sapendo che non c’era altro che potesse fare, cercò di togliersi il Collezionista dalla testa.

Puntò alla stanza del personale per prendere qualcosa da mangiare. Erano passate le sedici e aveva lo stomaco che si lamentava, anche se non sapeva se fosse perché aveva saltato il pranzo o per l’ansia generale.

Quando arrivò vide il suo partner, Ray Sands, che frugava nel frigorifero. Era famoso perché acchiappava qualsiasi pietanza non etichettata con cura. Fortunatamente la sua insalata di pollo, con il nome “Keri” scritto a chiare lettere sul contenitore, era nascosta nell’angolo in fondo, in basso. Ray, un afroamericano di due metri e due per centoquattro chili con la testa pelata e la muscolatura grossa, avrebbe dovuto essere proprio disperato per andare a incastrarsi laggiù solo per un’insalata.

Keri era sulla soglia, a godersi silenziosamente la vista del fondoschiena di Ray che si dimenava mentre lui manovrava la sua massa. Oltre a essere il suo partner era anche il suo migliore amico, e di recente forse qualcosa di più. Entrambi sentivano una forte attrazione l’uno per l’altra, e se l’erano confessato meno di due mesi prima, mentre Ray si riprendeva da una ferita da arma da fuoco presa mentre fermavano un rapitore di minori.

Però, da allora, avevano fatto solo passettini. Flirtavano più apertamente quando erano soli, e c’erano stati molti mezzi appuntamenti in cui uno dei due andava nell’appartamento dell’altro per vedere un film.

Ma sembravano entrambi aver paura a fare la mossa successiva. Keri sapeva perché si sentiva così e sospettava che per Ray fosse lo stesso. Lei temeva che se avessero deciso di andare fino in fondo e non avesse funzionato, sia la collaborazione che l’amicizia potessero finir male. Era una preoccupazione legittima.

Nessuno dei due aveva un gran passato di romanticismi. Erano entrambi divorziati. Entrambi avevano tradito il rispettivo coniuge. Ray, un ex pugile professionista, era un noto dongiovanni. E Keri doveva ammettere che da quando Evie era stata rapita era stata un fascio di nervi, costantemente sul punto di perdere il controllo. Su Match.com non avrebbero avuto un gran successo.

Ray sentì di essere osservato e si voltò, con mezzo sandwich senza nome in mano. Vedendo che nella stanza c’era solo Keri, le chiese, “Ti piace quello che vedi?” e le fece l’occhiolino.

“Non essere vanitoso, incredibile Hulk,” lo ammonì. Adoravano prendersi in giro con nomignoli che sottolineavano la loro differenza di stazza.

“Chi gioca con i doppi sensi, adesso, Miss Bianca?” chiese, sorridendo.

Keri vide il suo viso oscurarsi e capì di non essere riuscita a nascondergli il nervosismo per il Collezionista. La conosceva troppo bene.

“Che c’è che non va?” le chiese immediatamente.

“Niente,” rispose superandolo e chinandosi per prendere l’insalata. A differenza di lui, lei non aveva problemi a infilarsi negli spazi stretti. Anche se non era piccola come il nomignolo della topolina del cartone animato poteva far pensare, in confronto a Ray, con il suo metro e sessantasette per cinquantanove chili era una lillipuziana.

Sentiva i suoi occhi addosso, ma finse di non accorgersene. Non voleva parlare di ciò che aveva per la testa per un paio di ragioni. Prima di tutto, se gli avesse detto dell’email del Collezionista lui avrebbe voluto discuterne i dettagli. E ciò avrebbe minato gli sforzi che stava facendo per rimanere in sé cercando di non pensarci.

Però c’era un’altra ragione. Keri era stata messa sotto sorveglianza da un losco avvocato che si chiamava Jackson Cave, che era famoso in quanto rappresentante di pedofili e rapitori di bambini. Per ottenere l’informazione che l’aveva condotta al Collezionista aveva commesso un’effrazione introducendosi nel suo ufficio e copiando un file nascosto.

L’ultima volta che si erano visti, Cave le aveva fatto capire che sapeva cosa aveva fatto e aveva detto chiaramente che la teneva d’occhio. Per Keri era chiaro che cosa intendesse dire. Da allora faceva perlustrazioni regolari in cerca di dispositivi di ascolto, e stava attenta a parlare del Collezionista solo in ambienti sicuri.

Se Cave avesse saputo che dava la caccia al Collezionista, forse l’avrebbe avvisato. Così lui sarebbe scomparso, e lei non avrebbe mai più trovato Evie. Quindi non c’era verso che ne parlasse con Ray in quel luogo.

PerГІ lui non sapeva nulla di tutto questo, quindi insistette.

“Vedo che c’è qualcosa che non va,” disse.

Ma prima che Keri potesse chiudere diplomaticamente la discussione, il loro capo entrò come una furia nella stanza. Il tenente Cole Hillman, il loro supervisore diretto, aveva cinquant’anni ma sembrava molto più vecchio, con il viso solcato dalle rughe, i capelli sale e pepe spettinati, e un pancione in crescita che non riusciva a nascondere sotto le camice oversize. Era in giacca e cravatta come sempre, ma la prima era della taglia sbagliata e la seconda ridicolamente allentata.

“Bene. Sono contento che siate tutti e due qui,” disse saltando i saluti. “Venite con me. Avete un caso.”

Lo seguirono nel suo ufficio e sedettero sul malconcio divano contro il muro. Sapendo che probabilmente non avrebbe avuto la possibilità di mangiare dopo, Keri divorò l’insalata mentre Hillman li aggiornava. Si accorse che Ray aveva finito il sandwich che aveva rubato prima ancora di sedersi. Hillman cominciò.

“La vostra possibile vittima è una ragazza di sedici anni di Westchester, Sarah Caldwell. Non si vede dall’ora di pranzo. I genitori l’hanno chiamata molte volte, e dicono di non essere riusciti a raggiungerla.”

“Danno i numeri perché la figlia teenager non li richiama?” chiese scettico Ray. “Sembra la tipica famiglia americana.”

Keri non replicò nonostante la sua inclinazione naturale a non essere d’accordo. Lei e Ray avevano litigato su questo punto molte volte. Pensava che lui fosse troppo lento ad accettare casi come questo. Lui riteneva che la sua esperienza personale facesse sì che si buttasse sul caso decisamente troppo prematuramente. Era una fonte costante di attrito e Keri adesso non aveva voglia di discutere. Ma ne aveva Hillman, apparentemente.

“Anch’io l’ho pensato all’inizio,” disse Hillman, “ma sono stati molto convincenti nel dire che la figlia non sparirebbe mai per così tanto senza farsi sentire. Hanno anche cercato di localizzarla tramite il GPS che ha sullo smartphone. Era spento.”

“Un po’ strano, ma comunque…” insistette Ray.

“Sentite, magari non è niente. Ma sono stati insistenti, persino terrorizzati. E hanno fatto notare che la politica di far aspettare ventiquattr’ore dalla sparizione prima di cominciare le ricerche non si applica ai minori. Voi due non avete casi pressanti al momento, quindi ho detto che sareste andati lì a sentire le loro dichiarazioni. Diavolo, la ragazzina potrebbe essere a casa per quando sarete arrivati. Ma la cosa non farà del male a nessuno. E così ci copriamo il culo nel caso in cui saltasse fuori qualcosa.”

“Mi sembra un buon piano,” disse Keri alzandosi in piedi per partire con la bocca piena dell’ultimo boccone di insalata.

“Ma certo che a te sembra un buon piano,” borbottò Ray segnandosi l’indirizzo che gli dava Hillman. “Un’altra ricerca vana in cui mi trascinerai.”

“Lo sai che le adori,” disse Keri uscendo dall’ufficio prima di lui.

“Potreste essere un po’ più professionali dai Caldwell?” urlò Hillman attraverso la porta aperta. “Vorrei che pensassero che stiamo almeno facendo finta di prenderli seriamente.”

Keri gettò il contenitore dell’insalata nella spazzatura e puntò al parcheggio. Ray dovette affrettarsi per starle dietro. Raggiungendo l’uscita, si sporse per sussurrarle qualcosa.

“Non credere di averla scampata col tuo segreto. Puoi dirmelo adesso o dopo. Ma so che qualcosa c’è.”

Keri cercò di non reagire visibilmente. C’era qualcosa. E aveva deciso di spiegargli tutto quando farlo non sarebbe stato rischioso. Ma doveva trovare un luogo più sicuro per dire al suo partner, migliore amico e potenziale fidanzato, che forse, finalmente, era sul punto di prendere il rapitore di sua figlia.




CAPITOLO DUE


Come ebbero parcheggiato di fronte alla casa dei Caldwell, lo stomaco di Keri si contrasse all’improvviso.

Non aveva importanza quanto spesso incontrasse la famiglia di un minore forse rapito; tornava sempre al momento in cui aveva visto la sua bambina, di appena otto anni, portata via attraverso l’erba verde brillante di un parco da un crudele sconosciuto con un cappellino da baseball a coprirgli il volto.

Sentiva lo stesso familiare panico risalirle la gola in quel momento, il panico che aveva provato inseguendo l’uomo attraverso il parcheggio di ghiaino e vedendolo gettare Evie nel suo furgone bianco come fosse stata una bambola di stracci. Riviveva l’orrore di vedere il giovane ragazzo che aveva cercato di fermare l’uomo finire pugnalato a morte.

Trasalì al ricordo del dolore che aveva provato correndo a piedi nudi sul ghiaino, ignorando i sassi taglienti che le si incastravano nei piedi mentre cercava di raggiungere il furgone che partiva sgommando. Richiamò alla memoria il senso di inutilità che l’aveva sopraffatta quando si era accorta che il mezzo non aveva targhe e che non aveva praticamente nessuna descrizione da rilasciare alla polizia.

Ray era abituato a quanto fosse sempre toccata da quel momento, e sedeva in silenzio al posto del conducente mentre lei attraversava il ciclo di emozioni e si preparava per ciГІ che sarebbe accaduto poi.

“Stai bene?” le chiese quando finalmente vide il suo corpo rilassarsi leggermente.

“Quasi,” rispose abbassando lo specchietto del parasole e dandosi un’ultima occhiata per assicurarsi di non essere un disastro totale.

La persona che a sua volta la fissava sembrava molto più in forma di quanto fosse stata pochi mesi prima. I cerchi neri che un tempo aveva sotto agli occhi nocciola non c’erano più, e gli occhi non erano iniettati di sangue. La pelle era meno chiazzata. I capelli biondo scuro, anche se erano comunque raccolti in una comoda coda di cavallo, non erano unti né sporchi.

Keri si avvicinava al suo trentaseiesimo compleanno ma aveva l’aspetto migliore di sempre dai tempi in cui Evie era stata rapita, cinque anni prima. Non sapeva se fosse per la speranza che provava da quando il Collezionista molte settimane prima aveva accennato che si sarebbe fatto sentire.

O forse era la vera possibilità di una relazione romantica con Ray all’orizzonte. Avrebbe potuto anche essere il recente trasferimento dalla sgangherata casa galleggiante che aveva chiamato casa per molti anni in un vero e proprio appartamento. Oppure poteva avere a che fare con la riduzione del consumo di grandi quantità di scotch single malt.

Qualunque cosa fosse, notava che più uomini del solito si voltavano a guardarla, di recente. A lei non importava, anche solo perché per la prima volta in assoluto sentiva di avere del potere sulla sua vita così spesso fuori controllo.

RialzГІ il parasole e si voltГІ verso Ray.

“Pronta,” disse.

Avvicinandosi alla porta principale, Keri osservò bene il quartiere. Era l’estremo nord di Westchester, accanto alla freeway 405 e appena a sud dell’Howard Hughes Center, un grande complesso di negozi e uffici che dominava il cielo di quella parte della città.

Westchester aveva la reputazione di essere un quartiere operaio, e la maggior parte delle case era modesta, a un piano solo. Ma persino lì i costi erano esplosi nell’ultima mezza dozzina di anni. Di conseguenza la comunità era un misto di residenti che vivevano lì da sempre e di giovani famiglie di professionisti che non volevano vivere in aree di sviluppo urbano fatte con lo stampino, ma in un luogo che avesse una sua personalità. Keri immaginava che in questo caso si stesse parlando degli ultimi.

La porta si aprì prima ancora che fossero arrivati al portico, e ne uscì una coppia chiaramente preoccupata. Keri rimase sorpresa dalla loro età. La donna – minuta, ispanica, con un taglio di capelli corto che aveva un suo senso – sembrava avere sui cinquantacinque anni. Indossava un completo carino ma logoro e delle scarpe nere vecchie ma immacolate.

L’uomo era di quindici centimetri abbondanti più alto di lei. Era un bianco, con un principio di calvizie e ciuffi di capelli biondi tendenti al grigio, e con gli occhiali appesi al collo. Come minimo aveva l’età della donna – probabilmente era più vicino ai sessanta. Era vestito in modo più causal – con pantaloni comodi e una camicia con bottoni al colletto fresca di bucato. I mocassini marroni erano lisi e uno era slacciato.

“Siete i detective?” chiese lei allungando la mano ancor prima di averne avuto conferma.

“Sì, signora,” rispose Keri, prendendo il comando. “Sono la detective Keri Locke dell’unità persone scomparse della Divisione Pacific del dipartimento di polizia di Los Angeles. Lui è il mio partner, il detective Raymond Sands.”

“Piacere di conoscervi,” disse Ray.

La donna fece cenno a entrambi di entrare mentre parlava.

“Grazie per essere venuti. Io sono Mariela Caldwell. Lui è mio marito, Edward.”

Edward annuì ma non parlò. Keri capì che non sapevano da dove cominciare, quindi prese l’iniziativa.

“Perché non ci sediamo in cucina e non ci raccontate che cosa vi sta facendo preoccupare tanto?”

“Certo,” disse Mariela, e li guidò per uno stretto corridoio adornato di fotografie di una ragazza dai capelli scuri con un caldo sorriso. Dovevano essere almeno venti le foto che ritraevano l’intera vita della ragazza, dalla nascita a oggi. Arrivarono a un piccolo ma ben arredato angolo per le colazioni. “Posso offrirvi qualcosa – caffè, o uno snack?”

“No, grazie signora,” disse Ray cercando di stringersi contro il muro per accomodarsi sulla sedia. “Vediamo di sederci e di recuperare più informazioni che possiamo nel minor tempo possibile. Perché non cominciate dicendoci che cosa vi ha fatto preoccupare? A quel che ho capito Sarah non si fa sentire solo da poche ore.”

“Da quasi cinque ore, ormai,” disse Edward parlando per la prima volta mentre si sedeva davanti a Ray. “Ha chiamato sua madre a mezzogiorno per dirle che si sarebbe vista con un’amica che non vedeva da un po’. Sono quasi le cinque del pomeriggio adesso. Sa che deve farsi sentire ogni due ore circa quando esce, anche solo un messaggio per dire dove si trova.”

“Non se ne dimentica mai?” chiese Ray mantenendo il tono neutrale, così solo Keri colse lo scetticismo sottinteso. Per un attimo nessuno dei Caldwell parlò, e Keri temette che Ray li avesse offesi. Alla fine rispose Mariela.

“Detective Sands, so che può essere difficile crederlo. Ma no, non se ne dimentica mai. Io e Ed abbiamo avuto Sarah molto tardi. Dopo diversi tentativi falliti, il suo arrivo è stato una benedizione. È la nostra unica figlia e ammetto che siamo entrambi un po’, diciamo, presenti.”

“Genitori elicottero,” aggiunse Ed con un caustico sorriso.

Sorrise anche Keri. Faticava a colpevolizzarli.

“Comunque,” proseguì Mariela, “Sarah sa che è il nostro bene più prezioso al mondo, e sorprendentemente non ne è infastidita né si sente soffocare. Nei weekend prepariamo dei dolci insieme. Le piace ancora andare al lavoro col padre nelle giornate �porta la figlia al lavoro’. È venuta addirittura al concerto di Motley Crue con me qualche mese fa. Ci è molto affezionata. E dato che sa quanto ci è preziosa, è molto zelante nel tenerci aggiornati. Abbiamo stabilito noi la politica dello �scrivici dove sei’. Ma è stata lei a scegliere la regola delle due ore.”

Keri li osservГІ entrambi con attenzione mentre parlavano. Mariela teneva per mano Ed e lui le accarezzava delicatamente il dorso con il pollice. AspettГІ finchГ© non ebbe terminato, poi prese la parola.

“E anche se se ne fosse dimenticata, per la prima volta in assoluto, non sarebbe stata via così tanto senza mettersi in contatto con noi o risponderci. Insieme, le abbiamo mandato una dozzina di messaggi e l’abbiamo chiamata circa sei volte. Nel mio ultimo messaggio le ho detto che avrei chiamato la polizia. Se ne avesse ricevuto almeno uno, si sarebbe fatta sentire. E, come ho detto al tenente, il GPS del suo telefono è spento. Non era mai successo prima.”

Quell’inquietante dettaglio rimase sospeso nella stanza, minacciando di soffocare qualsiasi altra cosa. Keri cercò di reprimere ogni deviazione verso il panico facendo rapidamente la domanda successiva.

“Signore e signora Caldwell, posso chiedervi perché Sarah oggi non era a scuola? È venerdì.”

Entrambi la guardarono con espressione sorpresa. Persino Ray parve preso alla sprovvista.

“Ieri era il Ringraziamento,” disse Mariela. “Oggi non c’è scuola.”

Keri sentì il cuore balzarle in gola. Solo un genitore avrebbe saputo quel genere di dettaglio e solo per ragioni pratiche – lei non era più un genitore.

Evie adesso avrebbe avuto tredici anni. In circostanze normali Keri si sarebbe occupata di trovare qualcuno che si occupasse della figlia mentre lei lavorava. Ma non viveva in circostanze normali da moltissimo tempo.

I rituali associati alle vacanze scolastiche e familiari erano andati sbiadendo nel corso degli ultimi anni, fino al punto in cui una cosa che un tempo per lei era ovvia non se la ricordava piГ№.

Cercò di rispondere ma le uscì un’incomprensibile tosse. Le si annebbiarono gli occhi e abbassò la testa in modo che non se ne accorgesse nessuno. Ray venne in suo aiuto.

“Quindi Sarah aveva il giorno libero e voi no?” chiese.

“No,” rispose Ed. “Ho un piccolo colorificio nel Westchester Triangle. Non è che mi rotoli nei soldi. Non posso prendermi molti giorni liberi – Ringraziamento, Natale, Capodanno, e basta.”

“E io faccio la paralegale per un grosso studio a El Segundo. Normalmente oggi sarei a casa, ma stiamo preparando un caso importante e avevano bisogno di tutti.”

Keri si schiarì la gola e, sicura di aver ripreso il controllo di se stessa, si unì di nuovo alla conversazione.

“Con quale amica doveva incontrarsi Sarah?” chiese.

“Si chiama Lanie Joseph,” disse Mariela. “Erano amiche alle elementari. Ma quando ci siamo trasferiti qui dal vecchio quartiere, hanno perso i contatti. Francamente avrei preferito che le cose fossero rimaste così.”

“Che cosa intende dire?” chiese Keri.

Mariela esitГІ, quindi prese la parola Ed.

“Vivevamo a South Culver City. Non è molto lontano da qui, ma la zona è molto più povera. Le strade sono più grezze, e così sono anche i ragazzi. Lanie aveva un acume che ci ha sempre messi un po’ a disagio, anche quando era giovane. La cosa è peggiorata. Non voglio sparare giudizi, ma crediamo che abbia preso una brutta strada.”

“Abbiamo fatto economie e messo via dei risparmi,” disse Mariela, chiaramente a disagio a lanciare calunnie davanti a sconosciuti. “L’anno in cui Sarah ha cominciato le medie, ci siamo trasferiti qui. Abbiamo comprato questa casa appena prima che il mercato esplodesse. È piccola ma adesso non saremmo mai in grado di permettercela. Ce l’abbiamo fatta appena anche allora. Ma lei aveva bisogno di un nuovo inizio con amici diversi.”

“Perciò si erano perse di vista,” li pungolò delicatamente Ray. “Che cosa le ha fatte risentire, ultimamente?”

“Si vedevano un paio di volte l’anno, ma basta,” rispose Ed. “Però Sarah ci ha detto che Lanie ieri le aveva mandato un messaggio per dirle che ci teneva tanto a vederla – che aveva bisogno di un consiglio. Non ha detto su cosa.”

“Certo,” aggiunse Mariela, “dato che è una ragazza così dolce e disponibile, ha accettato senza esitazioni. Ricordo che ieri sera mi ha detto, �Che razza di amica sarei, mamma, se non aiutassi qualcuno quando ha più bisogno di me?’”

Mariela crollò, colta dall’emozione. Keri vide Ed stringerle teneramente la mano come supporto. Invidiava quei due. Persino in un momento così vicino al panico erano uniti sullo stesso fronte, a finire l’uno le frasi dell’altra, a sostenersi emotivamente. La devozione e l’amore che condividevano in qualche modo impediva loro di cadere a pezzi. Keri si ricordò di un tempo in cui pensava di avere la stessa cosa.

“Sarah ha detto dove si sarebbero incontrate?” chiese.

“No, l’hanno deciso solo a mezzogiorno. Ma è certo che fosse un posto vicino – forse l’Howard Hughes Center o il centro commerciale Fox Hills Mall. Sarah non ha ancora la patente quindi doveva essere un posto servito dagli autobus.”

“Può darci qualche sua foto recente?” chiese Keri a Mariela, che si alzò immediatamente per andarle a prendere.

“Sarah usa i social?” chiese Ray.

“Usa Facebook. Instagram, Twitter. Non so che altro. Perché?” rispose Ed.

“A volte i ragazzini sugli account condividono dettagli che sono utili alle indagini. Conoscete le password?”

“No,” disse Mariela prendendo qualche foto dalle cornici. “Non abbiamo mai avuto motivo di chiedergliele. Ci mostra sempre i post sul suo account. Non sembra che nasconda qualcosa. Siamo anche amici su Facebook. Non ho mai sentito la necessità di chiederle quel genere di cose. Non riuscite a entrarci voi?”

“Sì,” le disse Keri. “Ma senza le password ci vuole tempo. Ci serve un’ordinanza del giudice. E adesso non ne abbiamo fondato motivo.”

“E il GPS spento?” chiese Ed.

“Quello aiuta a costruire il caso,” rispose Keri. “Però a questo punto è tutto circostanziale, al massimo. Avete entrambi spiegato in modo convincente perché la situazione è molto insolita. Però, sulla carta, un giudice potrebbe non vederla così. Ma non preoccupatevi troppo. Siamo appena all’inizio. È questo che facciamo – indagini. E mi piacerebbe cominciare andando a casa di Lanie a parlare con i suoi genitori. Avete l’indirizzo?”

“Sì,” disse Mariela porgendo a Keri molte fotografie di Sarah prima di prendere il telefono e scorrere la lista contatti. “Però non so quanto vi sarà utile. Il padre di Lanie non c’è e la madre è… poco coinvolta. Però se pensate che possa esservi d’aiuto, eccolo.”

Keri si appuntò le informazioni e tutti andarono alla porta. Si strinsero le mani con formalità, il che colpì Keri come una cosa stranissima per delle persone che avevano appena avuto una conversazione così intima.

Lei e Ray erano a metà strada sul vialetto quando Edward Caldwell li chiamò per fare un’ultima domanda.

“Mi dispiace chiedervelo, ma avete detto che questo è appena l’inizio. Sembra quindi che il processo potrebbe essere lungo. Ma a quel che ho capito in caso di persona scomparsa le prime ventiquattr’ore sono cruciali. Mi sbaglio?”

Keri e Ray si guardarono e poi tornarono a rivolgere lo sguardo a Caldwell. Nessuno dei due sapeva come rispondere. Alla fine parlГІ Ray.

“Non sbaglia, signore. Ma ancora non abbiamo indizi che sia accaduto qualcosa di sospetto. E, in ogni caso, ci avete contattati rapidamente. Questo aiuta molto. Lo so che sentirselo dire è dura, ma cercate di non preoccuparvi. Prometto che ci faremo sentire.”

Si voltarono per andare alla macchina. Quando Keri fu sicura che non li potessero sentire, borbottò sottovoce, “Sei bravo a dire bugie.”

“Non stavo dicendo bugie. Tutto ciò che ho detto è vero. Potrebbe tornare a casa in ogni momento e sarà tutto finito.”

“Immagino di sì,” riconobbe Keri. “Ma l’istinto mi dice che questo caso non sarà così facile.”




CAPITOLO TRE


Seduta sul sedile del passeggero sulla strada per Culver City, Keri si rimproverava in silenzio. Cercava di ricordarsi che non aveva fatto niente di male. Ma era distrutta dal senso di colpa per essersi dimenticata qualcosa di così semplice come il fatto che oggi le scuole erano chiuse. Persino Ray non era stato capace di nascondere la sorpresa.

Stava perdendo contatto con la sua parte genitoriale, e la cosa la spaventava. Quanto ci sarebbe voluto perché dimenticasse altri dettagli più personali? Poche settimane prima aveva ricevuto degli indizi anonimi che l’avevano portata alla foto di una ragazzina adolescente. Però Keri, con grande vergogna, non era stata capace di dire se si trattasse di Evie.

Vero, erano passati cinque anni e la fotografia era granulosa e scattata da lontano. Ma il fatto che non avesse saputo riconoscere immediatamente se la foto ritraeva sua figlia oppure no l’aveva scossa. Perfino dopo che il guru informatico del dipartimento, il detective Kevin Edgerton, le aveva detto che il confronto digitale che aveva fatto della foto con le fotografie di Evie a otto anni era inconclusivo, la vergogna era rimasta.

Avrei dovuto saperlo e basta. Una brava madre avrebbe capito subito se la foto era vera.

“Ci siamo,” disse piano Ray, riportandola alla realtà.

Keri alzò lo sguardo e capì che erano parcheggiati proprio alla fine della strada dove si trovava la casa di Lanie Joseph. I Caldwell avevano ragione. Quella zona, anche se si trovava a meno di cinque miglia dalla loro abitazione, sembrava molto più rozza.

Erano solo le cinque e mezza, ma il sole era già quasi del tutto tramontato e le temperature precipitavano. Piccoli gruppi di ragazzi con abiti tipici di gang si raccoglievano sui vialetti e sulle scalinate d’ingresso, a bere birra e a fumare cose che non parevano sigarette. I prati erano per la maggior parte marroni più che verdi, e i marciapiedi erano spaccati ovunque, con le erbacce che combattevano per conquistare il loro spazio. La maggior parte degli edifici del quartiere erano case a schiera o duplex e tutti avevano le sbarre alle finestre e porte di metallo pesante.

“Che ne dici – dovremmo chiamare il dipartimento di Culver City e chiedere dei rinforzi?” chiese Ray. “Tecnicamente siamo fuori dalla nostra giurisdizione.”

“Naa. Ci vorrà troppo tempo e voglio mantenere un basso profilo, entrare e uscire. Più rendiamo la cosa formale più tempo ci vorrà. Se a Sarah è successo davvero qualcosa, non abbiamo tempo da perdere.”

“Okay, allora cominciamo,” disse.

Uscirono dalla macchina e si diressero svelti all’indirizzo fornito da Mariela Caldwell. Lanie viveva sulla porzione davanti di una casa a schiera di due unità sulla Corinth, a sud di Culver Boulevard. La freeway 405 era così vicina che Keri riusciva a riconoscere il colore dei capelli degli automobilisti che vi sfrecciavano.

Mentre Ray bussava alla porta di metallo esterna, Keri osservava due case più in là cinque uomini accalcati attorno al motore di una Corvette smontata lì sul vialetto. Molti di loro lanciavano occhiate sospettose agli intrusi, ma nessuno disse nulla.

Dall’interno si sentiva il frastuono di molti bambini che strillavano. Dopo un minuto, la porta interna fu aperta da un piccolo bambino biondo che non poteva avere più di cinque anni. Indossava jeans bucati in più punti e una t-shirt bianca con su uno sgorbio della “S” di Superman fatto in casa.

AlzГІ gli occhi su Ray, allungando il collo il piГ№ possibile. Poi guardГІ Keri, e considerandola apparentemente meno minacciosa parlГІ.

“Che cosa vuoi, signora?”

Keri capì che il bambino non aveva una vita particolarmente dolce e luminosa, quindi si abbassò sulle ginocchia e parlò con il tono più delicato che potesse fare.

“Siamo agenti di polizia. Dobbiamo parlare con tua mamma per un attimo.”

Il bambino, imperturbato, si voltГІ e urlГІ.

“Mamma. C’è la polizia. Vogliono parlarti.” Apparentemente non era la prima volta che riceveva visite dalle forze dell’ordine.

Keri vide Ray guardare i ragazzi attorno alla Corvette e, evitando di voltarsi anche lei in quella direzione, disse sottovoce, “Abbiamo problemi, laggiù?”

“Non ancora,” rispose Ray piano. “Ma a breve forse sì. È meglio fare presto.”

“Ma che poliziotti siete?” chiese il bambino. “Niente divise. Siete sotto copertura? Siete detective?”

“Detective,” gli disse Ray, e apparentemente decidendo che il bambino non aveva bisogno di essere trattato con i guanti, fece una domanda. “Quand’è stata l’ultima volta che hai visto Lanie?”

“Oh, Lanie è di nuovo nei guai,” disse con un sorriso allegro che gli prendeva tutta la faccia. “Normale. Se n’è andata a pranzo per vedere la sua amica intelligente. Credo che sperava che le passasse un po’ di intelligenza. Io non ci scommetto.”

Proprio allora una donna con addosso i pantaloni della tuta e una pesante felpa grigia che diceva “Continua a camminare” apparve in fondo al corridoio. Mentre si avvicinava pesantemente, Keri la analizzò. Aveva più o meno la sua altezza ma pesava molto più di novanta chili.

La pelle pallida sembrava fondersi con il grigio della felpa, rendendo impossibile stabilire chiaramente dove finiva l’una e cominciava l’altra. I capelli biondi che davano sul grigio erano raccolti in una crocchia lenta che rischiava di crollare completamente.

Keri immaginò che avesse meno di quarant’anni, ma il viso esausto e logoro poteva dimostrarne cinquanta. Aveva le borse sotto agli occhi e la faccia gonfia era punteggiata di chiazze probabilmente dovute all’alcol. Era chiaro che un tempo fosse stata piuttosto attraente, ma il peso della vita sembrava averla scaricata e si potevano vedere solo dei flash della bellezza che stava ormai andando dissolvendosi.

“Che ha combinato stavolta?” chiese la donna, ancor meno sorpresa del figlio di trovare la polizia alla sua porta.

“Lei è la signora Joseph?” chiese Keri.

“Non sono più la signora Joseph da sette anni. Quando il signor Joseph mi ha lasciata per una massaggiatrice di nome Kayley. Adesso sono la signora Hart, anche se il signor Hart se l’è filata senza neanche dire addio circa diciotto mesi fa. Ma è un casino cambiare nome di nuovo, quindi per adesso mi tocca temermi questo.”

“Quindi lei è la madre di Lanie Joseph,” disse Ray cercando di riportarla sui binari. “Ma si chiama…?”

“Joanie Hart. Sono la madre di cinque rogne, inclusa quella che interessa a voi. Allora, che ha fatto di preciso questa volta?”

“Non siamo sicuri che abbia fatto nulla, signorina Hart,” la rassicurò Keri, volendo evitare un conflitto non necessario con una donna che chiaramente nei conflitti ci sguazzava. “Ma i genitori della sua amica Sarah Caldwell non riescono a rintracciare la figlia, e sono preoccupati. Ha sentito Lanie dopo mezzogiorno, oggi?”

Joanie Hart la guardГІ come se venisse da un altro pianeta.

“Non la tengo sotto controllo,” disse. “Ho lavorato tutto il giorno; il 7-Eleven non chiude solo perché ieri era il giorno del Ringraziamento, sa? Sono tornata solo una mezz’ora fa. Quindi non so dov’è. Ma non è strano. È quasi sempre via e non mi dice mai dove va. I segreti le piacciono tanto. Credo che abbia un ragazzo di cui non vuole che io sappia.”

“Ha mai detto il nome del ragazzo?”

“Come ho detto, non so neanche se esiste. Sto solo dicendo che da lei non mi aspetto niente di diverso. Le piace fare cose che mi fanno incazzare. Ma sono troppo stanca o troppo occupata per arrabbiarmi, così è lei che si incazza. Lo sa come funziona,” disse guardando Keri, che non aveva idea di come funzionasse.

Keri provГІ rabbia verso quella donna che non sembrava sapere dove fosse sua figlia nГ© aveva manifestato alcuna preoccupazione in merito. Joanie non aveva chiesto come stava nГ© sembrava curiosa di saperlo. Ray sembrГІ capire come si sentiva Keri e parlГІ prima che lo facesse lei.

“Possiamo avere il numero di Lanie e una sua foto recente, per favore?” chiese.

Joanie sembrГІ infastidita ma non lo disse.

“Mi dia un attimo,” disse e si incamminò per il corridoio.

Keri guardГІ Ray, che scosse la testa condividendo il suo disgusto.

“Ti spiace se aspetto in macchina?” disse Keri. “Ho paura di dire a Joanie qualcosa di… improduttivo.”

“Vai. Me ne occupo io. Magari puoi chiamare Edgerton per vedere se può forzare un po’ le cose e accedere ai social delle ragazze.”

“Raymond Sands, mia stella,” disse riscoprendo un po’ del suo senso dell’umorismo. “Pare che tu stia adottando alcuni dei miei più questionabili metodi di indagine. Credo che la cosa mi piaccia.”

Girò sui tacchi e se ne andò prima che potesse risponderle. Con la coda dell’occhio vide che gli uomini a due case di distanza la stavano tutti guardando. Si chiuse la giacca, improvvisamente conscia del freddo. La fine di novembre a Los Angeles era piuttosto moderata, ma senza il sole la temperatura si aggirava appena sopra ai dieci gradi. E tutti quegli occhi addosso aggiungevano brividi extra.

Raggiunta l’auto, si voltò e vi si appoggiò contro in modo da avere una buona visuale sia della casa di Lanie che dei vicini mentre componeva il numero di Edgerton.

“Edgerton,” rispose la voce entusiasta di Kevin Edgerton, il detective più giovane dell’unità. Magari aveva solo ventotto anni, ma l’alto e allampanato ragazzo era il genio informatico responsabile di svolte in tanti casi.

In effetti era stato un aiuto determinante per Keri quando aveva voluto mettersi in contatto con il Collezionista celando la sua identità. Keri immaginava che in quel momento si stesse togliendo la lunga frangia dagli occhi. La ragione per cui non si liberava del suo taglio trasandato e millennial andava al di là della sua comprensione – così come la maggior parte delle sue abilità informatiche.

“Ehi, Kevin, sono Keri. Mi serve un favore. Voglio che vedi se riesci ad accedere a un paio di account social per me. Uno è di Sarah Caldwell, di Westchester, sedici anni. L’altro è di Lanie Joseph, Culver City, ha sedici anni anche lei. E, per favore, non mi scocciare con mandati e fondati motivi. Siamo in circostanze urgenti, e…”

“Fatto,” la interruppe Edgerton.

“Cosa? Di già?” chiese Keri, sconvolta.

“Be’, non Caldwell. Tutti i suoi account sono protetti da password e richiedono un’approvazione per essere visti. Posso craccarli, se ti serve. Ma spero che potremo evitare qualsiasi situazione strettamente legale usando solo la roba della Joseph. Lei è un libro aperto. Tutti posso leggere le sue pagine. Sto guardando adesso.”

“Si dice niente su dov’era oggi dopo mezzogiorno?” chiese Keri notando che tre degli uomini stavano lasciando la Corvette per venire verso di lei.

Gli altri due erano rimasti indietro, concentrati su Ray, che era in piedi alla porta degli Hart, in attesa che Joanie trovasse una foto recente di sua figlia. Keri si sistemò leggermente in modo che, pur rimanendo appoggiata alla macchina, il peso fosse meglio distribuito nel caso in cui avesse dovuto muoversi all’improvviso.

“Non posta niente su Facebook da ieri sera ma ci sono un sacco di foto su Instagram di lei con un’altra ragazza, immagino la Caldwell. Sono state scattate al Fox Hills Mall. In una sono in un negozio di abbigliamento. In un’altra al bancone dei trucchi. L’ultima è di lei in quello che sembra il ristorante, che mangia un pretzel. La didascalia dice �gnam gnam.’ È delle quattordici e sei.”

I tre adesso stavano attraversando il cortile degli Hart, e si trovavano a meno di sei metri da Keri.

“Grazie, Kevin. Un’ultima cosa – ti mando i numeri di telefono delle due ragazze. Immagino che avessero entrambe il GPS spento, però mi serve che tu mi tracci l’ultima posizione registrata,” disse mentre gli uomini le si fermavano davanti. “Devo andare. Ti richiamo se mi serve altro.”

Keri riappese prima che potesse rispondere, e si rimise il telefono in tasca. Nel farlo, senza farsi notare sganciГІ la fondina della pistola.

Osservando gli uomini ma senza dire una parola, rimase ferma contro la macchina ma alzГІ la gamba destra in modo che il piede fosse posato al veicolo. In quel modo avrebbe avuto della forza in piГ№ se avesse avuto bisogno di spingersi in avanti.

“Buonasera, signori,” disse alla fine con tono deciso e amichevole, “freddino stasera, vero?”

Uno di loro, chiaramente l’alpha, fece una risatina e si voltò verso gli amici. “La stronza ha appena detto che ha freddino?” Era un ispanico, basso e un po’grosso in viso, ma la larga camicia di flanella gli nascondeva la corporatura, rendendo difficile a Keri stabilire chi avesse davanti. Gli altri erano entrambi alti e magrissimi, con le camicie che gli pendevano sulle corporature scheletriche. Uno era bianco e l’altro ispanico. Keri si prese un attimo per apprezzare la diversità razziale di questa particolare gang di strada prima di decidere di sfruttarla.

“Adesso lasciate entrare i bianchi?” chiese facendo un cenno al tipo. “Ma come? È difficile trovare membri dalla pelle ambrata disponibili a obbedirti?”

A Keri non piaceva giocare quella carta ma doveva dividerli, e sapeva bene che gang del genere avevano requisiti molto particolari in merito all’accesso nel gruppo.

“Quella boccaccia ti metterà nei guai, signora,” sibilò l’alpha.

“Sì, nei guai,” ripeté il bianco alto. L’ispanico alto rimase zitto.

“Ripeti sempre quello che dice il tuo capo?” chiese Keri al bianco. “Gli raccogli anche le schifezze che butta per terra?”

I due si guardarono. Keri capì di aver colpito un tasto dolente. Alle loro spalle, vide che Ray aveva avuto la foto di Lanie e stava tornando. I due che erano rimasti alla Corvette si misero in moto nella sua direzione ma lui rivolse loro un’occhiataccia e si fermarono.

“La stronza è maleducata,” disse il bianco, apparentemente incapace di uscirsene con qualcosa di più intelligente.

“Forse dovremmo insegnarti un po’ di buone maniere,” disse Alpha.

Keri notò che il ragazzo ispanico alto si era irrigidito tutto a sentire quelle parole. E improvvisamente comprese le dinamiche che c’erano tra quei tre. Alpha era la testa calda. Il bianco lo seguiva. Il silenzioso era il riappacificatore. Non era venuto per creare guai. Stava cercando di prevenirli. Ma non aveva ancora trovato un modo e in parte era colpa di Keri. Decise di lanciargli una cima di salvataggio per vedere se l’avrebbe usata.

“Voi siete gemelli?” gli chiese facendo un cenno in direzione di Bianco.

Lui la guardò un attimo, chiaramente non sapendo come prendere il commento. Lei gli fece l’occhiolino e la tensione sembrò svanire dal suo corpo. Sorrise, quasi.

“Identici,” rispose, accettando l’offerta.

“Ehi, Carlos, non siamo gemelli,” disse Bianco, non sapendo se essere confuso o arrabbiato.

“No,” si intromise Alpha, dimenticando temporaneamente la rabbia. “La stronza ha ragione. È difficile non confondervi. Dobbiamo mettervi dei cartellini, no?”

Lui e Carlos risero e Bianco li imitГІ, anche se sembrava ancora perplesso.

“Come va qui?” chiese Ray cogliendoli di sorpresa tutti e tre. Prima che potessero innervosirsi di nuovo, Keri prese la parola.

“Credo che siamo a posto,” disse. “Detective Ray Sands, vorrei presentarti Carlos e suo fratello gemello. E lui è il loro caro amico… come ti chiami?”

“Cecil,” disse di buon grado.

“Lui è Cecil. Amano le Corvette e abbordare donne più grandi. Però, sfortunatamente, dobbiamo lasciarvi alle vostre riparazioni, signori. Ci piacerebbe restare, ma lo sapete come vanno le cose con il dipartimento di polizia di Los Angeles – si lavora sempre. A meno che, ovviamente, non preferiate che restiamo a parlare ancora un po’ di buone maniere. Ti andrebbe, Cecil?”

Cecil guardГІ i centoquattro chili di Ray, poi tornГІ a guardare Keri, che apparentemente era rimasta impassibile di fronte ai suoi insulti, e parve decidere di averne avuto abbastanza.

“No, okay. Andate e fate quella roba da poliziotti. Noi dobbiamo riparare una macchina, come hai detto te.”

“Be’, buona serata allora,” disse Keri con un livello di entusiasmo di cui solo Carlos notò l’accenno di presa in giro. Annuirono e tornarono alla Corvette mentre Keri e Ray salivano in macchina.

“Avrebbe potuto andare peggio,” disse Ray.

“Già, so che ancora non ti sei ripreso del tutto dalla sparatoria. Sospettavo che non fosse il caso di coinvolgerti in un alterco con cinque membri di una gang, se possibile.”

“Grazie dell’attenzione che dimostri nei confronti del tuo invalido partner,” disse Ray immettendosi in strada.

“È il minimo,” disse Keri ignorando il sarcasmo.

“Allora, Edgerton ha avuto fortuna con i social?”

“Sì. Dobbiamo andare al Fox Hills Mall.”

“Che cosa c’è lì?”

“Le ragazze, spero,” disse Keri, “ma ho la sensazione che non saremo così fortunati.”




CAPITOLO QUATTRO


Nell’istante in cui si svegliò, Sarah sentì di dover vomitare. Aveva la vista annebbiata, così come la testa. C’era una luce che le splendeva addosso e le ci volle un attimo per capire di essere distesa su un materasso liso in una piccola, e per il resto quasi vuota, stanza.

Sbatté le palpebre un paio di volte e la vista le si schiarì abbastanza da permetterle di vedere una piccola pattumiera di plastica stesa sul pavimento accanto al materasso. Si sporse per tirarsela vicino, si sforzò di vomitare lì dentro per trenta secondi buoni, ignorando gli occhi annebbiati dalle lacrime e il naso ancor più bagnato.

Udì un rumore, guardò in quella direzione, e vide che qualcuno aveva scostato una tenda nera svelando così che non si trovava affatto in una stanza piccola. Si trovava in un cavernoso deposito. Fin dove poteva vedere, c’erano altri materassi. E su quasi tutti c’erano ragazze della sua età, tutte in abiti succinti o nude.

Alcune erano sole – addormentate, o più probabilmente svenute. Altre erano con degli uomini, che se la spassavano con loro. Alcune ragazze si ribellavano, altre restavano distese inermi, e alcune non sembravano neanche essere coscienti mentre venivano violentate. Sarah era confusa ma calcolò che fossero almeno venti le ragazze nel deposito.

Qualcuno le si parò davanti. Era Chiqy, l’enorme ragazzo dalla barba lunga che aveva visto nella stanza di Dean. Improvvisamente, la mente di Sarah si schiarì e il distacco con cui prima aveva osservato il luogo scomparve. Il cuore cominciò a correre e sentì che il terrore aveva la meglio su di lei.

Dove sono? Che cos’è questo posto? Perché mi sento così debole?

CercГІ di mettersi a sedere mentre Chiqy le si avvicinava ma le braccia crollarono e collassГІ sul materasso. Chiqy se la rise sotto ai baffi.

“Non cercare di alzarti,” disse, “le droghe che ti abbiamo dato ti rendono impacciata. Potresti cadere e romperti qualcosa. E non ce lo possiamo permettere. Sarebbe un male per gli affari. I clienti preferiscono romperle di persona le ossa, se proprio si devono rompere.”

“Che cosa mi avete fatto?” chiese con voce roca, cercando di nuovo di mettersi seduta.

Prima che capisse che cosa stava accadendo, Chiqy le diede un manrovescio in viso, facendola ricadere sul materasso e causandole un’esplosione di dolore che andava dalla clavicola all’orecchio. Mentre rantolava in cerca d’aria e cercava di rimettersi in equilibrio, lui si sporse e le sussurrò all’orecchio.

“Imparerai, signorina. Non alzare la voce. Non rispondere a meno che non sia un cliente a volerlo. Non fare domande. Comanda Chiqy. Segui le mie regole e starai bene. Non seguirle e non starai tanto bene. Chiaro?”

Sarah annuì.

“Bene. Allora ascolta, perché adesso ti dico le regole. Prima di tutto, tu sei mia proprietà. Sono io che ti possiedo. Posso affittarti, ma non dimenticarti mai a chi appartieni. Capito?”

Sarah, con la guancia che palpitava ancora per via dello schiaffo, annuì docilmente. Anche se si sforzava di comprendere appieno la situazione, sapeva che sfidare apertamente Chiqy nelle condizioni in cui era in quel momento sarebbe stato poco furbo.

“Secondo, soddisferai i bisogni dei miei clienti. Non deve piacerti per forza, anche se, chi lo sa, magari ci prenderai gusto. Non ha importanza. Tu fai quello che dice il cliente, qualsiasi cosa sia. Altrimenti ti picchierò fino a farti sputare sangue. Conosco diversi metodi per farlo in modo che i clienti continuino a trovarti attraente. Da fuori sembrerai un angelo. Ma dentro sarai poltiglia. Ci siamo chiariti?”

Sarah annuì di nuovo. Tentò ancora di tirarsi su e strizzò gli occhi alla luce, sperando di capire dove si trovava. Non riconosceva nessuna delle altre ragazze. Improvvisamente un brivido gelato le risalì la spina dorsale.

Dov’è Lanie?

“Mi puoi dire cos’è successo alla mia amica?” chiese in quello che sperava non fosse un tono di sfida.

Prima che capisse cosa stava accadendo Chiqy l’aveva schiaffeggiata di nuovo, questa volta sull’altra guancia. La forza che ci mise la fece sbattere duramente contro il materasso.

“Non avevo finito,” lo sentì dire nonostante le orecchie le fischiassero. “L’ultima regola è che tu non parli a meno che non ti faccia io una domanda. Come ho detto, imparerai presto che fare la spocchiosa qui non funziona. Hai capito?”

Sarah annuì, notando che nel farlo la testa le pulsava.

“Ma a questa domanda risponderò,” disse Chiqy con un sorriso crudele in volto. Indicò un materasso a circa cinque metri di distanza.

Sarah guardò in quella direzione e vide un uomo che pareva avere sui sessant’anni sopra a una ragazza che teneva la testa molle di fianco. Proprio allora l’uomo le afferrò il mento e le sollevò il viso in modo da baciarla.

Sarah rischiò di soffocare di nuovo vedendo che era Lanie. Era nuda dalla vita in giù e la canotta nera le era stata sollevata fino al collo, scoprendole il reggiseno. Quando l’uomo ebbe perso interesse per le sue labbra, la lasciò andare e la testa le ciondolò in direzione di Sarah.

Vide che l’amica era cosciente, anche se solo a malapena. Gli occhi dalle palpebre pesanti erano appena due fessure e non sembrava capire quel che accadeva attorno a lei. Aveva il corpo floscio e non reagiva fisicamente alle cose che le venivano fatte.

Sarah osservava bene la scena, ma in un qualche modo l’orrore del momento parve accadere lontanissimo, su un pianeta distante. Forse erano le droghe. Forse era stato il fatto di essere stata colpita in viso due volte. Ma si sentiva ottusa.

Forse dovrei esserne grata.

“Era difficile da gestire, quindi abbiamo dovuto calmarla parecchio,” disse Chiqy. “Potrebbe accadere anche a te. Oppure, se non crei tanti problemi, non dovremo farti l’iniezione della buonanotte. Sta a te decidere.”

Sarah lo guardГІ e fece per rispondere, ma poi si ricordГІ delle regole e si morse la lingua. Chiqy se ne accorse e sorrise.

“Brava. Impari velocemente,” disse. “Puoi parlare.”

“Niente iniezione della buonanotte,” lo implorò.

“Okay, ci proveremo senza droghe. Ma se… ti dimeni, abbiamo l’ago pronto per te. Capito?”

Sarah annuì. Chiqy, con un sorriso soddisfatto stampato in faccia, annuì di rimando e se ne andò, chiudendosi la tenda alle spalle.

Non sapendo quanto tempo avesse, Sarah si guardГІ intorno disperata, cercando di fare il punto della situazione. Indossava ancora i jeans e il top color foglia di tГЁ, il che suggeriva che ancora non le era stato fatto nulla. Si controllГІ le tasche in cerca del telefono, del portamonete e dei documenti, ma era sparito tutto. Ovviamente.

Un forte gemito femminile che veniva da lì vicino la fece uscire dalla sua ottusità e si sentì invadere da qualcosa di simile al panico. Ne fu contenta, dato che arrivò accompagnato da una scarica di adrenalina che le schiarì la mente e le diede un maggiore controllo sugli arti.

Pensa, Sarah, finché ancora puoi. Sei sparita da un po’. Ti stanno cercando. Mamma e papà non avrebbero mai aspettato tanto a lungo che ti mettessi in contatto con loro senza chiamare la polizia. Se ti stanno cercando devi dar loro un indizio, qualcosa che faccia loro sapere che sei stata qui, nel caso in cui accadesse qualcosa.

AbbassГІ lo sguardo sulla sua maglietta. Aveva detto a sua madre che cosa indossava oggi? No, ma si erano videochiamate quella mattina su FaceTimed, quindi aveva visto come era vestita. Se lo sarebbe ricordato di sicuro. Dopotutto, avevano comprato quei vestiti insieme al negozio Cabazon del centro commerciale.

Si abbassò per strapparsi una striscia lunga circa cinque centimetri sulla cucitura vicino alla vita, dove era più debole. Si stava chiedendo dove lasciarla quando udì avvicinarsi due voci maschili. Proprio mentre la tenda veniva riaperta con uno strattone, ficcò il tessuto sotto al materasso in modo che ne fosse visibile solo un pezzettino.

Cercando di comportarsi il più normalmente possibile, guardò i due uomini. Uno era Chiqy. L’altro era un bianco basso di più di quarant’anni, in giacca e cravatta. Portava gli occhiali, che si cavò e posò sulle scarpe dopo essersele sfilate per sistemarle vicino alla tenda.

“Quanti anni ha?” chiese.

“Sedici,” rispose Chiqy.

“Un po’ matura per i miei gusti, ma andrà sicuramente bene,” disse avvicinandosi al materasso.

“Ricordati cosa ti ho detto,” la avvertì Chiqy.

Annuì. Lui sembrò soddisfatto e fece per andarsene quando l’uomo disse, “Un po’ di privacy, per favore.”

Chiqy, riluttante, chiuse la tenda. L’uomo era in piedi sopra di lei e la guardava – i suoi occhi vagavano dappertutto. Sarah si sentì male.

Cominciò a spogliarsi e Sarah usò quel tempo per decidere la prossima mossa da fare. Non avrebbe permesso che accadesse. Di quello era sicura. Se l’avessero uccisa, be’, okay. Ma non sarebbe diventata una schiava sessuale. Doveva solo aspettare che si aprisse una breccia.

Non ci volle molto.

L’uomo si era tolto i pantaloni e i boxer e gattonava verso di lei. Strizzava appena gli occhi, e lei capì che senza gli occhiali era un po’ incerto. Presto fu su di lei, a quattro zampe.

Г€ questo il momento.

Con un rapido movimento, Sarah si portò la gamba destra al petto e cacciò il piede in avanti, colpendo con l’avampiede della scarpa lo scroto dell’uomo. Lui grugnì immediatamente e le collassò sopra.

Se lo era aspettata, e gli spinse via il torso contorto. Poi balzò in piedi e corse alla tenda. L’uomo era dietro di lei, che si lamentava nel tentativo di parlare. Fece sbucare la testa fuori dalla tenda e si guardò intorno.

Al limitare del deposito vide la porta principale. Ma tra dove si trovava lei e la libertà c’erano infiniti materassi occupati e almeno mezza dozzina di uomini che vagavano, tenendo tutto sotto controllo. Non c’era modo di riuscire ad arrivare laggiù.

Ma forse poteva trovare una porta secondaria, spostandosi nell’ombra contro i muri. Stava per partire quando udì la voce dell’uomo, soffocata e dolorante, ma chiara.

“Aiuto!”

Non c’era più tempo. Uscendo dalla tenda si precipitò sulla sinistra, in cerca di qualsiasi cosa che somigliasse a una porta. Riuscì a percorrere circa sei metri prima che apparisse un tizio a bloccarle la strada.

Girò su se stessa e si mise a correre nell’altra direzione, ma andò dritta verso Chiqy, che la avvolse con un braccio enorme. Si poteva a malapena muovere.

Molti metri più in là, vide l’uomo che era arrivato in giacca e cravatta. Era piegato in due, però in piedi. Era ancora senza i pantaloni. Alzando una mano, la indicò.

“Dopo questo, la voglio per metà prezzo.”

Sarah vide Chiqy prendere qualcosa dalla tasca e capì che cosa fosse – una siringa. Cercò di liberarsi, ma invano. Sentì una puntura acuta sul braccio.

“Ti avevo avvertita che avrei dovuto usare l’iniezione della buonanotte se ti fossi comportata male,” disse, quasi in tono di scusa.

Sarah sentì Chiqy mollare la stretta, ma capì che era solo perché lei stava perdendo il controllo di tutti i muscoli. Anche lui se ne accorse, e la lasciò andare. Quando si accasciò al suolo, era già completamente incosciente.




CAPITOLO CINQUE


Keri era tesa e nervosa, seduta nella sala d’aspetto dell’ufficio della sicurezza del Fox Hills Mall. Per la quarta volta negli ultimi quindici minuti, le passò per la mente lo stesso pensiero: ci sta mettendo troppo.

Uno degli addetti alla sicurezza stava cercando il video dell’area ristorante delle due del pomeriggio, l’ora in cui Lanie aveva postato l’ultima foto su Instagram. Ci stava volendo un’eternità, o perché il sistema era vecchio o perché il ragazzo era un incapace.

Ray sedeva sulla sedia accanto a lei, divorando un cartoccio di pollo che aveva preso quando avevano visitato il ristorante. Il cartoccio di Keri le stava in grembo, per lo piГ№ intatto.

Nonostante il fatto che fossero le sei e trenta e che le ragazze non si facessero sentire solo da quattro ore e mezza circa, Keri aveva l’inquietante sensazione che ci fosse qualcosa di davvero strano in quel caso, anche se ancora non aveva le prove per dimostrarlo.

“Devi buttar giù quella roba tutta insieme?” chiese sgradevolmente a Ray.

Si bloccò nel bel mezzo di una masticata e la guardò interrogativamente prima di chiedere, con la bocca piena, “Che cos’hai?”

“Scusa. Non dovrei prendermela con te. Mi dà fastidio che ci voglia così tanto. Se le ragazze sono state davvero rapite, tutto questo trastullarsi ci fa perdere tempo prezioso.”

“Diamogli altri due minuti. Se per allora non ce la fa, caliamo la scure. Ci stai?”

“Ci sto,” rispose Keri, e prese un bocconcino dal cartoccio.

“Lo so che la situazione ti infastidisce,” disse Ray, “ma chiaramente hai qualcos’altro. Credo che abbia a che fare con quella cosa che mi hai tenuto nascosta alla stazione di polizia. Adesso abbiamo un po’ di tempo. Perciò dimmi.”

Keri lo guardò e capì che, persino con un pezzo di lattuga tra i denti a renderlo ridicolo, non stava scherzando.

Sei più vicina a quest’uomo di quanto tu lo sia a chiunque altro al mondo. Merita di sapere. Diglielo.

“Okay,” disse. “Aspetta, però.”

Prese il piccolo rilevatore di cimici e di telecamere che teneva nella borsa e fece cenno a Ray di seguirla in corridoio.

L’aggeggio le era stato consigliato da un esperto di sicurezza e sorveglianza che una volta Keri aveva aiutato per un caso. Le aveva detto che era una buona combinazione di trasportabilità, affidabilità e convenienza – e fino a quel momento pareva avesse avuto ragione.

Nelle settimane che erano seguite all’accenno da parte dell’avvocato Jackson Cave al fatto che l’avrebbe tenuta sotto stretta osservazione, aveva scoperto molti dispositivi d’ascolto. Una cimice le era stata messa nella lampada della scrivania dell’ufficio. Sospettava che un addetto alle pulizie fosse stato pagato per metterla lì.

Aveva trovato anche sia una telecamera che una cimice audio nel suo nuovo appartamento. La cimice si trovava nel soggiorno e la telecamera era stata sistemata nella camera da letto. Aveva trovato una cimice anche nel volante dell’auto e un’altra nel parasole della macchina di Ray.

Edgerton le aveva aggiunto delle protezioni extra al computer dell’ufficio con lo scopo specifico di rilevare software di tracking. Fino a quel momento non era stato scoperto niente. Ma lei andava sul sicuro, ed evitava di usarlo per qualcosa che non fosse il lavoro d’ufficio.

Il cellulare era rimasto pulito, probabilmente perché non lo lasciava mai. Era l’unico dispositivo con cui aveva comunicato con il Collezionista, e quindi era quello con cui era più protettiva.

Quando ebbero raggiunto la sala, Keri si controllò con l’aggeggio; poi controllò Ray. Indicò il telefono di Ray. Lui lo prese e lei controllò anche quello.

Ray si era sottoposto alla procedura molte volte nelle ultime settimane. Inizialmente aveva opposto resistenza, ma dopo che Keri aveva trovato la cimice nella sua macchina non si era piГ№ rifiutato. Anzi, avrebbe voluto togliere quella e tutte le altre.

Lei l’aveva pregato di lasciarle al loro posto e di comportarsi come se fosse tutto normale. Se Cave avesse saputo che l’avevano scoperto, avrebbe sospettato che sapessero del Collezionista e avrebbe potuto dirgli di darsi alla fuga.

Cave sospettava già che fosse stata Keri a rubargli i file con i dossier sui rapitori mercenari. Ma non poteva esserne certo. In caso contrario non avrebbe comunque saputo quanto aveva scoperto Keri dei legami segreti che aveva con quel mondo oscuro, né se anche lei aveva messo sotto sorveglianza lui. Così, ovviamente, Cave non voleva rischiare di incriminarsi contattando il Collezionista, se poteva evitarlo.

Lui credeva che fossero a uno stallo. E considerando che Jackson Cave in quel momento aveva molte piГ№ informazioni di Keri, lei era contentissima della situazione.

Aveva promesso a Ray che quando lasciare le cimici al loro posto sarebbe stato controproducente se ne sarebbe sbarazzata, anche se così avrebbe messo in allarme Cave. Avevano persino una frase in codice che significava che era ora di buttarle via. Era “Bondi Beach,” un riferimento a una spiaggia australiana che Keri sperava di vedere, un giorno. Se avesse detto quelle parole, Ray avrebbe saputo che finalmente poteva liberarsi della cimice posta nel parasole.

“Soddisfatta?” le chiese quando Keri ebbe finito di controllare entrambi accuratamente con il dispositivo.

“Sì. Scusami. Senti, stamattina ho ricevuto un’email dal nostro amico,” disse, scegliendo di essere criptica sul Collezionista anche se era sicura che non li stesse ascoltando nessuno. “Ha accennato al fatto che si sarebbe fatto sentire. Immagino di essere un po’ nervosa. Ogni volta che vibra il telefono penso che sia lui.”

“Ti ha dato un programma?” chiese Ray.

“No. Ha solo detto che mi avrebbe contatta presto; nient’altro.”

“Per forza sei così agitata. Pensavo che stessi solo esagerando per il caso.”

Keri sentì il caldo affiorarle alle guance e fissò in silenzio il partner, sconvolta dal commento. Ray sembrò capire subito di essersi spinto troppo in là, e stava per sistemare le cose quando l’addetto alla sicurezza li chiamò dalla stanza del computer.

“Ho trovato qualcosa,” gridò.

“Hai avuto fortuna,” sibilò Keri con rabbia e superando con foga Ray – che si tenne a debita distanza.

Nella sala del computer, la guardia aveva il filmato video acceso alle quattordici e cinque. Sarah e Lanie erano chiaramente visibili, sedute a un tavolino nel centro della zona ristorante. Videro Lanie fare una foto al suo pranzo con il telefono, quasi sicuramente una parte del post che Edgerton aveva trovato su Instagram.

Dopo un paio di minuti, un ragazzo alto dai capelli scuri coperto di tatuaggi si avvicinГІ. Diede a Lanie un lungo bacio, e dopo qualche altro minuto di chiacchiere si alzarono tutti e se ne andarono.

L’addetto alla sicurezza fermò l’immagine e si voltò verso Keri e Ray. Keri lo guardò con attenzione per la prima volta. Portava una targhetta che diceva “Keith” e non poteva avere più di ventitré anni, con la pelle unta e brufolosa e la schiena incurvata che lo faceva somigliare a un ossuto Quasimodo. Finse di non notarlo mentre parlava.

“Ho preso qualche immagine valida del viso del ragazzo. Li ho messi su file digitali e posso inviarveli sui telefoni se volete.”

Ray lanciò a Keri un’occhiata che significava “forse non è così incompetente, dopotutto”, ma abbassò il capo quando lei gli ritornò l’occhiata, ancora arrabbiata per il commento sulle sue “esagerazioni”.

“Sarebbe fantastico,” disse Ray riportando l’attenzione alla guardia. “È riuscito a rintracciare dove sono andati?”

“Sì,” disse Keith fieramente e girò su se stesso per rivolgere il viso di nuovo allo schermo. Passò a un altro fermoimmagine che mostrava gli spostamenti del ragazzo all’interno del centro commerciale, così come quelli di Sarah e Lanie. Terminavano con tutti loro che salivano su un Trans Am e lasciavano il parcheggio, diretti a nord.

“Ho cercato di ottenere le targhe della macchina ma tutte le nostre telecamere sono montate troppo in alto per vederle.”

“Va bene così,” disse Keri. “Ha lavorato molto bene, Keith. Le do i nostri numeri per le immagini. Vorrei che le inviasse anche a un nostro collega del dipartimento, in modo che possa lavorare sul riconoscimento facciale.”

“Ma certo,” disse Keith. “Lo faccio subito. E, mi chiedevo, potrei chiedervi un favore?”

Keri e Ray si scambiarono degli sguardi scettici ma lei annuì comunque. Keith proseguì, esitante.

“Sto pensando di fare domanda per entrare all’accademia di polizia. Ma sto aspettando, perché non mi sento ancora pronto dal punto di vista dei requisiti fisici. Mi chiedevo se, quando tutto è sistemato, potrei chiedere a voi dei consigli su come incrementare le possibilità di entrare e di diplomarmi.”

“Tutto qua?” chiese Keri estraendo un biglietto da visita e porgendoglielo. “Chiami questo affetto da gigantismo per i consigli fisici. Può chiamare me quando ha bisogno di aiuto per la parte mentale del lavoro. Ah, un’altra cosa. Se deve portare una targhetta per lavoro, se ne procuri una con il cognome. È più intimidatorio.”

Poi se ne andГІ, lasciando Ray a fare il resto. Se lo meritava.

Fuori mandò un messaggio con i fermoimmagine del ragazzo sia a Joanie Hart che ai Caldwell, chiedendo se lo riconoscessero. Un attimo dopo Ray si unì a lei. Aveva l’aria imbarazzata.

“Senti, Keri. Non avrei dovuto dire che stavi esagerando. Chiaramente c’è qualcosa che non va, qui.”

“Sono delle scuse? Perché non ho sentito la parola �scusa’. E, dato che ci siamo, non abbiamo avuto abbastanza casi che sembravano niente a tutti tranne che a me che però si sono rivelati qualcosa perché tu mi dia il beneficio del dubbio?”

“Sì, ma tutti i casi che…?” fece per dire, poi ci pensò meglio e bloccò la frase a metà. “Scusa.”

“Grazie,” rispose Keri scegliendo di ignorare la prima parte del commento e di concentrarsi sulla seconda.

Le vibrò il telefono e guardò giù in trepidazione. Ma invece di un’email del Collezionista, era un messaggio di Joanie Hart. Era breve e andava dritto al punto: “non ho mai visto questo ragazzo.”

Lo mostrò a Ray, scuotendo la testa di fronte all’apparente profonda ambivalenza della donna nei confronti del benessere di sua figlia. Proprio allora squillò il telefono. Era Mariela Caldwell.

“Salve, signora Caldwell. Sono la detective Locke.”

“Sì, detective. Io e Ed abbiamo guardato le foto che ci ha mandato. Non abbiamo mai visto quel giovane. Però Sarah mi ha detto che Lanie le aveva detto che il suo ragazzo aveva l’aria di uno da rock band. Mi chiedo se non potrebbe essere lui.”

“Possibile,” disse Keri. “Sarah ha mai detto il nome di questo ragazzo di Lanie?”

“Sì. Sono piuttosto certa che fosse Dean. Non mi ricordo il cognome. Credo che non lo sapesse neanche lei.”

“Okay, grazie mille, signora Caldwell.”

“È un’informazione utile?” chiese la donna con voce speranzosa, quasi implorante.

“È probabile di sì. Ancora non ho altre informazioni da darle. Ma le assicuro che siamo concentrati sul ritrovamento di Sarah. Cercherò di tenerla aggiornata più che posso.”

“Grazie, detective. Lo sa, ho capito solo dopo che se n’è andata che lei è la stessa che ha ritrovato quella surfista scomparsa, qualche mese fa. E so che, be’… con sua figlia…” Le si spezzò la voce e si bloccò, chiaramente sopraffatta dall’emozione.

“Va tutto bene, signora Caldwell,” disse Keri preparandosi per non perdere il controllo.

“Mi dispiace così tanto per la sua bambina…”

“Adesso non se ne preoccupi. Io mi sto concentrando sul ritrovare sua figlia. E le prometto che metterò ogni grammo di energia che ho in quello. Lei cerchi solo di stare calma. Guardi un brutto programma alla televisione, faccia un sonnellino, faccia tutto quello che può per rimanere in sé. Nel frattempo, noi ci occupiamo di Sarah.”

“Grazie, detective,” sussurrò Mariela Caldwell con voce appena udibile.

Keri riappese e guardò Ray, che aveva un’espressione preoccupata.

“Non ti preoccupare, partner,” lo rassicurò. “Non perderò il controllo, per il momento. E adesso troviamo questa ragazza.”

“Come proponi di farlo?”

“Credo che sia ora di parlare con Edgerton. Ha avuto abbastanza tempo per verificare i dati dei telefoni delle ragazze. E adesso abbiamo un nome per il ragazzo del ristorante – Dean. Magari Lanie ne parla in uno dei suoi post. Sua madre può non sapere niente di lui, ma io credo che potrebbe essere a causa della sua mancanza di interesse piuttosto che alla volontà di Lanie di tenerlo nascosto.”

Uscendo dal centro commerciale in direzione del parcheggio e della macchina di Ray, Keri chiamГІ Edgerton e lo mise in vivavoce in modo che anche Ray potesse sentire. Edgerton rispose dopo un solo squillo.

“Dean Chisolm,” disse, facendo a meno dei saluti.

“Cosa?”

“Il ragazzo sui fermoimmagine che mi hai mandato si chiama Dean Chisolm. Non ho dovuto neanche usare il riconoscimento facciale. È taggato in sacco di foto Facebook della Joseph. Indossa sempre un berretto basso sul viso o gli occhiali da sole, come se cercasse di nascondere la sua identità. Però non è molto bravo. Porta sempre lo stesso tipo di maglia nera e i tatuaggi si riconoscono piuttosto bene.”

“Bel lavoro, Kevin,” disse Keri, ancora una volta impressionata dal genio informatico dell’unità. “Allora, che cosa sai di lui?”

“Una quantità decorosa di cose. Molti arresti per droga. Alcuni per possesso, un paio per spaccio, e uno per aver fatto da corriere. Si è fatto quattro mesi per quello.”

“Un bravo e onesto cittadino,” borbottò Ray.

“Non è tutto. È anche sospettato per coinvolgimento in un giro di prostituzione che vede coinvolte ragazze minorenni. Però nessuno è mai stato in grado di metterlo dentro per questo.”

Keri guardò Ray e vide qualcosa cambiare nella sua espressione. Fino a quel momento lui aveva chiaramente pensato che ci fosse una solida possibilità che le ragazze se ne fossero andate a far festa da qualche parte. Ma con le notizie su Dean, era ovvio che era passato dall’essere moderatamente inquieto a molto molto preoccupato.

“Che cosa sappiamo di questo giro?” chiese Keri.

“È gestito da un bel ragazzo che si chiama Ernesto �Chiqy’ Ramirez.”

“Chiqy?” chiese Ray.

“Credo che sia un soprannome – il diminutivo di chiquito. Vuol dire piccolo. E dato che il tipo sembra pesare molto più di centotrenta chili, sospetto che sia ironico.”

“Sai dove possiamo trovare Chiqy?” chiese Keri, per nulla divertita.

“Purtroppo no. Non ha indirizzo conosciuto. Sembra più che altro frequentare depositi abbandonati, dove improvvisa bordelli finché non viene fatto un blitz. Però una buona notizia ce l’ho.”

“Va bene tutto,” disse Ray montando in macchina.

“Ho l’indirizzo di Dean Chisolm. E guarda caso è l’esatto luogo in cui i GPS di entrambe le ragazze sono stati spenti. Ve lo mando subito, insieme a una foto di Chiqy.”

“Grazie, Kevin,” disse Keri. “A proposito, potremmo aver trovato un mini-Kevin che lavora come addetto alla sicurezza del centro commerciale; molto ferrato nell’informatica. Vuole diventare poliziotto. Potrei metterlo in contatto con te se ti va bene.”

“Certo. Come dico sempre, nerd di tutto il mondo unitevi!”

“Lo dici sempre?” lo prese in giro Keri.

“Più che altro lo penso,” ammise, poi riappese prima che gli rompessero ancora le palle.

“Sembri incredibilmente composta per una persona che ha appena saputo che le ragazze che stiamo cercando potrebbero essere finite in un giro di prostituzione,” fece notare Ray con voce sorpresa.

“Sto cercando di prenderla alla leggera finché posso,” disse Keri. “Credo che non potrò farlo ancora a lungo. Ma non ti preoccupare. Quando troveremo Chisolm, ci sono buone probabilità che gli rimuoverò alla buona un po’ di tatuaggi con il coltellino svizzero. È carino, e anche spuntato.”

“È bello sapere che non hai perso il controllo,” disse Ray.

“Mai.”




CAPITOLO SEI


Keri tentava di impedire che il cuore le saltasse fuori dal petto mentre si accucciava dietro a un cespuglio accanto alla casa di Dean Chisolm. Si costringeva a respirare piano e lentamente, stringendo la pistola tra le mani in attesa che gli agenti in divisa bussassero alla porta. Ray si trovava praticamente nello stesso posto suo, sull’altro lato della casa. C’erano altri due agenti nel vicolo sul retro.

Nonostante le temperature fredde, Keri sentiva il sudore gocciolarle lungo la schiena, sotto al giubbotto antiproiettile, e cercava di ignorarlo. Erano passate le sette di sera e c’erano poco meno di dieci gradi adesso, ma aveva lasciato la giacca in macchina in modo da muoversi più agevolmente. Sarebbe stata davvero tinca se se la fosse tenuta.

Uno degli agenti picchiò alla porta, mandandole una scarica in tutto il corpo. Si curvò un po’ di più per assicurarsi che nessuno potesse scorgerla dietro al cespuglio sbirciando dalla finestra. Il movimento le causò una lieve fitta alla costola. Se ne era rotte parecchie nello scontro con un rapitore di bambini avvenuto due mesi prima. E anche se era guarita completamente, alcune posizioni le davano ancora fastidio.

Qualcuno aprì la porta e si costrinse a ignorare il rumore che veniva dalla strada per ascoltare attentamente.

“Dean Chisolm?” udì chiedere da uno degli agenti. Percepiva il nervosismo nella sua voce, e sperò che chiunque fosse la persona in ascolto non riuscisse a riconoscerlo come lei.

“No. Adesso non c’è,” rispose una voce giovane ma sorprendentemente sicura.

“Tu chi sei?”

“Sono suo fratello, Sammy.”

“Quanti anni hai, Sammy?” chiese l’agente.

“Sedici.”

“Sei armato, Sammy?”

“No.”

“C’è qualcun altro a casa, Sammy? Magari i tuoi genitori?”

Sammy rise alla domanda, prima di ricomporsi.

“Non vedo i miei da molto,” disse derisoriamente. “Questa è casa di Dean. Se l’è comprata con i suoi soldi.”

Keri ne aveva avuto abbastanza e uscì dal nascondiglio dietro al cespuglio. Sammy guardò nella sua direzione appena in tempo per vederla rinfoderare l’arma. Keri lo vide spalancare gli occhi brevemente, nonostante tutti i suoi sforzi per apparire indifferente.

Sammy sembrava la copia carbone del fratello, completo di pelle pallida e tatuaggi. Anche lui aveva i capelli neri ma troppo ricci per pettinarli a punta. Comunque indossava l’uniforme punk richiesta – t-shirt nera, jeans aderenti con appesa un’inutile catena, e stivali neri da lavoro.

“Com’è riuscito Dean a comprarsi casa a soli ventiquattro anni?” chiese senza presentarsi.

Sammy la fissГІ, cercando di decidere se poteva ignorarla oppure no.

“È un bravo uomo d’affari,” rispose con un tono che aveva appena un accenno di sfida.

“Gli affari sono andati bene di recente, Sammy?” chiese facendo un passo avanti, rimanendo aggressiva, sperando di tenere il ragazzo a disagio.

I due agenti in divisa si fecero indietro, così non rimase nessuno tra Keri e Sammy. Lei non lo sapeva se era una decisione presa coscientemente da parte loro o se volevano solo non trovarsi tra i piedi durante il confronto. In ogni caso, era contenta di avere il palco tutto per sé.

“Non saprei. Sono solo un umile studente, signora,” disse, più sfrontato.

“Non è vero, Samuel,” caricò Keri, felice di aver letto il file su Chisolm che Edgerton le aveva inviato mentre si recavano lì. Vide che l’uso del suo vero nome lo aveva colto di sorpresa. “Hai lasciato la scuola la scorsa primavera. Hai appena mentito a una detective del dipartimento di polizia di Los Angeles. Non è un buon inizio, per la nostra relazione. Vuoi correre ai ripari?”

“Che cosa vuole?” chiese Sammy, pieno di prudente irritabilità. Cominciava a perdere colpi – era uscito sul portico, contro ogni buon senso.

Era ignaro di Ray, che silenziosamente era arrivato dall’altro lato della casa e si era sistemato pochi passi dietro di lui. Keri avanzò perché mantenesse l’attenzione su di lei. Adesso erano a meno di due metri di distanza.

“Voglio sapere dov’è Dean,” disse lasciando perdere tutta la messinscena. “E voglio sapere dove sono le ragazze che ha portato qui questo pomeriggio.”

“Non lo so dov’è. Se n’è andato qualche ora fa. E non so niente di ragazze.”

Nonostante fosse un giovane delinquente in erba, Keri sapeva che Sammy non era mai stato arrestato, ancor meno era stato in prigione. Poteva usare la paura della prospettiva come un vantaggio. Decise di dargli il colpo di grazia.

“Non sei stato onesto con me, Samuel. E mi stai facendo perdere la pazienza. Sappiamo entrambi in che giro di affari si è ficcato tuo fratello. Sappiamo entrambi come fa a permettersi questa casa. E sappiamo entrambi che non passi il tuo tempo libero a studiare per il diploma.”

Sammy aprì la bocca per protestare ma Keri alzò una mano e proseguì senza prendere fiato.

“Sono qui a cercare due adolescenti scomparse. Sono state portate qui da tuo fratello. Il mio lavoro è trovarle. Se mi aiuterai a farlo, potrai condurre una vita quasi normale. Se non lo farai, le cose per te si metteranno malissimo. Questa è la tua unica occasione di evitare di essere inserito nel sistema. Coopera o preparati al peggio.”

Sammy la fissГІ, cercando di mantenere il viso impassibile. Ma gli occhi erano fissi in modo innaturale e il respiro era pesante e veloce. Continuava a contrarre e rilassare i pugni. Era terrorizzato.

Quello che Sammy non sapeva era che Keri non aveva un mandato. Se fosse semplicemente rimasto dentro casa rifiutandosi di parlare, non avrebbero avuto altra risorsa che richiedere un mandato e aspettare fuori finchГ© non fosse stato approvato.

Però, uscendo per parlare con lei e lasciando la porta aperta, si era reso vulnerabile. Ancora non l’aveva capito, ma che accettasse di aiutarli o meno loro in quella casa ci sarebbero entrati. La sua decisione avrebbe davvero determinato il suo immediato futuro. Keri sperava che capisse che non stava bluffando. Sperava che facesse la scelta con saggezza. Ma non lo fece.

“Io non so niente,” disse, ignaro di aver così dato il via al suo destino.

Keri sospirГІ. Quasi le dispiaceva per lui.

“Hai sentito?” chiese Ray.

Sammy, ignaro che ci fosse qualcuno dietro di lui, saltГІ quasi fuori dagli stivali.

“Che…?” cominciò a dire. Ray lo interruppe.

“Detective Locke, credo di aver sentito venire dall’interno delle grida d’aiuto. Le senti anche tu?”

“Credo di sì, detective Sands. Agenti, le sentite anche voi?”

I due agenti in divisa chiaramente non sentivano niente, ma non volevano essere i deboli del gruppo. Annuirono entrambi, e per sicurezza quello che prima aveva bussato alla porta aggiunse, “Sicuramente.”

Ray alzò gli occhi al cielo al goffo sforzo, ma proseguì lo stesso.

“Agenti, potete ammanettare il signor Chisolm e farlo salire nella vostra vettura mentre io e la detective Locke controlliamo le grida?”

“Stronzate,” urlò Sammy quando uno degli agenti lo prese per la spalla e lo girò per ammanettarlo. “Non sentite niente. Questa è una perquisizione illegale.”

“Temo di no, Sammy,” disse Ray estraendo la pistola e preparandosi a entrare in casa. “Le grida che sentiamo tutti costituiscono circostanza urgente. Magari iscriviti a Legge dopo aver preso quel diploma, tesoro.”

“Avresti dovuto ascoltarmi,” gli sussurrò Keri all’orecchio prima di salire i gradini ed estrarre la pistola. Ray annuì ed entrarono entrambi ad armi spianate.

La casa era un porcile. C’erano lattine vuote di birra ovunque. Contenitori di fast food sparpagliati sul tappeto punteggiato di macchie. Della musica veniva da una stanza sul lato posteriore della casa.

Keri e Ray percorsero la casa rapidamente. Nessuno dei due si aspettava di trovare granché. Il fatto che fosse vuota suggeriva che servisse da scalo. Le ragazze probabilmente venivano portate lì con la scusa di una festa solo per essere drogate e poi spostate in massa.

Keri trovò la camera sul retro da dove veniva l’inarrestabile musica techno e la spense. Entrò nel bagno contiguo e vide un paio di mutandine appallottolate di fianco al gabinetto.

Con ansia strisciante, Keri tornò in camera e vide qualcosa che prima non aveva notato. C’erano tre serrature alla porta. In aggiunta a quella standard al pomello, c’erano anche una serratura di sicurezza e una catena.

“Ehi, Ray, vieni qui,” lo chiamò avvicinandosi per guardare meglio. La catena aveva molti graffi. Poteva essere la sua immaginazione, ma non poté fare a meno di pensare che tutti quei segni derivassero dal fatto che la catena veniva spesso chiusa di fretta, da qualcuno che cercava di evitare che le persone uscissero.

Ray entrГІ nella stanza e Keri gli indicГІ la porta.

“Moltissime serrature per la porta di una camera da letto,” notò Ray, dicendo l’ovvio.

“Ho trovato anche degli slip nel bagno,” disse Keri.

“Ce ne sono altri sparsi per tutte le camere, e anche dei reggiseni,” disse Ray. “Ho trovato anche cocaina e marijuana. Penso che abbiamo abbastanza per arrestare Sammy, se vogliamo.”

“Chiamiamo l’unità scena del crimine per raccogliere la droga e per vedere se rilevano delle impronte. Voglio un altro round con Sammy. Adesso che ci è dentro magari avrà più voglia di chiacchierare, soprattutto dopo essersene stato un po’ nella volante.”

“Mi sta bene,” disse Ray. “Io accendo la tv per trovare un canale dove si sente qualcosa di simile a delle urla femminili. Sai, per la circostanza urgente etc. Dobbiamo preparare le cose, no?”

Keri annuì. Mentre Ray armeggiava con il telecomando, lei uscì per andare alla volante. Un agente aveva acceso le luci e sulla strada si stava formando una piccola folla.

Keri fu contenta dell’effetto. Tutto stava aggiungendo altra pressione su Sammy. Non voleva inserire nel sistema un ragazzino di sedici anni, ma l’avrebbe fatto se avesse dovuto, soprattutto se con quella minaccia avrebbe potuto salvare due ragazze rapite.

La fissava nervosamente attraverso il finestrino, quando lei si avvicinò. Aprì la portiera e si abbassò sulle ginocchia per guardarlo in faccia. Poteva affrontarlo in molti modi, ma decise che a quel punto la cosa migliore che poteva fare era essere onesta.




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